martedì 27 settembre 2011

51 - Padrona di me stessa - Daria

Giuseppe è rimasto qui per tre giorni, ma non è stato come pensavo.
Non avvertivo più quel brivido, quell'intesa che c'era qualche settimana fa.
Lui era distante, freddo. Timoroso. M'aspettavo che tornasse sull'argomento di Xavier... invece nulla.
Forse avrebbe voluto che fossi io a spiegare, a raccontargli qualcosa.
Non ho nulla da raccontare. Mi vergogno come si vergognerebbe una ladra colta in flagrante. Con l'aggravio che rubo per un piazzamento migliore, per essere in grado di gareggiare a livelli che forse non sono più i miei, per restare ancora in squadra.
Xavier è stato l'allenatore di una campionessa europea. E' stato lui a farsi avanti, a proporsi come allenatore. E' stato lui a cogliere in me delle "belle potenzialità".
Con lui ho migliorato, ma non riuscivo a stare al passo delle altre, più giovani e... più brave di me.
Gli ho chiesto io se c'era il modo di non sentire la fatica. Ho chiesto io un "aiutino", qualcosa per darmi la forza, la grinta per sostenere tre ore di allenamento quotidiano.
All'inizio non voleva, "non ne hai bisogno" diceva. Io ho insistito e lui non ha saputo resistere e, alla fine, ha ceduto, assecondando le mie pressanti richieste.
I risultati sono arrivati subito. Giammichele non mi impegnava più di tanto. Era lì, quando ne avevo bisogno. Come Xavier. Entrambi, chi in un modo, chi in un altro, mi servivano per ottenere i risultati che inseguivo da tempo: serenità sentimentale ed energia agonistica.
Poi ho mischiato un po' le carte, baciando Xavier dopo una gara andata bene e dando una pasticca a Giammichele, la sera stessa in discoteca.
Non ero confusa, ma padrona della mia vita. Volevo baciare Xavier per vedere la sua reazione. Volevo sconvolgere Giammichele, per fargli capire che non ero esattamente come lui immaginava.
Quella sera entrambi cambiarono. In peggio. E non mi bastavano più.

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