sabato 30 luglio 2011

N. D. A.

Care affezionatissime lettrici e lettori tutti,
raccolgo la richiesta venuta da uno di voi (un anonimo) che asserisce di non capire granché della vicenda.
Il gergo usato "non ci si sta capendo una fava" denuncia origini toscane.
Come riportato nel sottotitolo del mio blogromanzo (i più attenti italianisti mi concederanno il neologismo) anch'io so una beata cippa di come andrà avanti la storia.
Tuttavia, avendo riletto qualche passo di tanto in tanto (anche per far scattare il contatore delle visite) sono riuscito a ricostruire le varie vicende, che vi riporto qui di seguito. Ad ogni personaggio ho associato un colore ed un carattere, che qui ripeto pedissequamente. 
Buona lettura


DARIA: a 12 anni vede la tuffatrice e decide di praticare anche lei questo sport. Il padre l'iscrive in una piscina di Bergamo. Dopo due anni di corso di nuoto comincia a lanciarsi dal trampolino. Incontra Andrea con cui si fidanza finché non lo becca in auto con un'altra. Sempre in piscina conosce Giammichele che va a trovare d'estate, durante le vacanze. Qui incontra Federico (il fratello piccolo di Giammichele) e Giuseppe (cugino di Giammichele) che l'aspetta alla fermata dell'autobus della Marozzi. 


GIUSEPPE: Come detto sopra è il cugino coetaneo di Giammichele. Si innamora subito di Daria. 


GIAMMICHELE: il fidanzato di Daria, molto zanno (per i forestieri il termine zanno equivale a cafone, buzzurro, gretto) e siccome neanche a me piace come personaggio ho già deciso di fargli fare la parte dello sfigato, anche se qualche suo intervento farà capolino, così per smuovere le acque.


ANDREA: E' il primo fidanzato di Daria. Si sono conosciuti in piscina. Si dichiara innocente... ma chi gli crede? Pensa a lei ancora tanto.


FEDERICO: è il fratello piccolo di Giammichele, nonché cugino di Giuseppe. E' un leader.


Federico ancora non ha scritto.

venerdì 29 luglio 2011

9 - 10 giorni - Giuseppe

Sono trascorsi dieci giorni da quando Daria è scesa dall’autobus della Marozzi. Dieci giorni da quella breve interminabile chiacchierata sulla spiaggia di Lido Azzurro. Dieci giorni in cui la mia attrazione per lei, per la sua bocca, per il suo corpo, si fa sempre più grande.
Dieci giorni che ci incontriamo, che usciamo insieme. Ma lei è sempre la ragazza di Giammichele, che è pur sempre mio cugino.
Non so come, ma ha assorbito tutta la mia attenzione, tutto il mio tempo, ogni mio pensiero. Mi affaccio al balcone di casa, quello della camera dei miei, da cui si scorge in lontananza il terrazzo di Giammichele, sperando di vederla. Ascolto una musica per radio e vorrei fargliela sentire. Vedo una motocicletta, e vorrei guidarla con lei abbracciata dietro, che mi stringe forte. Ho male al collo, e vorrei un suo massaggio. Ma il collo non mi fa male. Vorrei che mi facesse male, per sentire le sue mani su di me.
Le sue mani non sono belle. Sono dure, nodose, ruvide. Forse a causa della prolungata permanenza in acqua, o del cloro. Ora con una scusa, “Hai le mani grandissime”, ora per un’altra, “Bello lo smalto”, le prendo tra le mie. Profumano. Usa un olio, che le ha regalato la zia di Bergamo, che profuma di agrumi. Olio degli Esseni si chiama. L’ho cercato in internet. Stavo comprandolo anch’io per regalarglielo. Ma perché dovrei farlo?
Abbiamo preso un caffè insieme, ieri. C’erano anche Giammichele e Federico. Abbiamo diviso un cornetto, crema e amarena, a metà. La crema era quasi tutta dal mio lato. Ho insistito perché ci scambiassimo i pezzi. Io sono goloso: perché l’ho fatto?
Perché ti amo. E mi sento in colpa.

giovedì 28 luglio 2011

8 - Flashback - Giuseppe

In quelle ore, sdraiati sulla spiaggia di Lido Azzurro, e nei giorni successivi, Daria mi raccontò tutta la sua infanzia e soprattutto la sua vita sentimentale. Non particolarmente lunga e complicata. Anzi, una classica monogamia, sufficientemente noiosa. Sembrava quasi che si stesse liberando di un fardello. Una confessione non necessaria, ma che mi face piacere ascoltare.
Era, come me, del 1987. Cominciò a nuotare a 12 anni. Conobbe Andrea (il suo primo amore) proprio in piscina. Il primo approccio non fu piacevole, ma non fu colpa sua. Lei provava e riprovava lo stesso tuffo ormai da giorni, ma non era soddisfatta. Ora l’entrata in ritardo, ora la spinta insufficiente, ora le gambe non allineate… un disastro per lei. Ma non per lui, che la guardava ammirato e attratto dal bordo vasca.
La loro storia, tra alti e bassi, è durata otto anni. Il primo amore, l’unico amore, segna profondamente l’anima di chiunque. Ma lei non sembrava dispiaciuta di questa fine. Forse sollevata. Aveva voglia di fare nuove esperienze, e la cosa mi fece sentire come un quello della pubblicità che origliava la litigata della vicina che diceva: “Adesso basta, adesso esco e vado col primo che incontro”. Ed il suo “Buonasera” sull’uscio di casa ha fatto storia. Un gatto in agguato, pronto a cogliere al balzo ogni opportunità, acquattato dietro un divano, pronto al balzo efficace.
Poi, quest’inverno, sempre in piscina ha conosciuto mio cugino Giammichele. Ed ora è qui, in vacanza, in un posto caldo, con gente sconosciuta, pronta a divertirsi, “senza troppi freni” a “prendere tutto ciò che di buono incontrerà”. Ed io sono pronto.

7 - La lettera (1) - Daria

"Mi manchi come l'aria. Vorrei svegliarmi con te, pranzare con te, cenare con te, passeggiare mano nella mano, mangiare un gelato, avere freddo in moto, guardare la TV.  Voglio vivere con te. Invecchiare insieme.
Sono passati 3 mesi e non ce la faccio più. Mi spiace. Tremendamente.  Non c'è giorno, ora, istante che passa senza che mi senta un idiota, un perfetto idiota. So che non mi credi, che ogni cosa ti faccia credere che non fossi solo in auto quella sera. Ma te lo giuro, te lo ripeto: "Non ero io". Non te lo posso provare. Ero ubriaco e tu lo sai. Vorrei solo non aver bevuto quelle stramaledette birre. Vorrei solo tornare indietro. Non aver litigato. Non essere scappato via.
Credimi, amore mio.  Ti prego, credimi."

Non gli credo. Non gli ho mai creduto. È solo un vigliacco bastardo.

martedì 26 luglio 2011

6 - Estate - Andrea

Il vento caldo soffia intorno a me e mi avvolge quasi come una coperta.
I bambini giocano nella strada di fronte: sembrano così felici!
Una palla  rotola via, lontano da loro, verso di me. Ansimanti e sudati  la rincorrono sorridenti.
Ed io sono qui a guardarli: vorrei unirmi a loro ma mi vergogno.
Il mio sguardo incrocia i loro. Interrogativi e un po’ intimiditi .
Ehi! Non sono poi così grande da non poter giocare con voi.
Ritorno sui miei pensieri. Ricordo l’incontro con Daria, i  suoi verdi occhi inumiditi dalle
lacrime represse. Chissà cosa avrebbe voluto dirmi invece di allontanarsi da me in silenzio. Forse nulla. Sono trascorsi otto anni dal nostro primo incontro in piscina. Eravamo bambini.
Mi piacque fin da subito: corpo esile e non particolarmente attraente; ma la sua figura emanava energia positiva.
Benché si impegnasse molto, per lei non era mai abbastanza. Era sempre lì, a provare e riprovare, ma il doppio carpiato non le riusciva. A me sembrava perfetto, da 10. E lei, dopo ogni tuffo, risaliva in piattaforma per rilanciarsi giù.
“Non starai esagerando?” le dissi. Poi vidi le lacrime e capii che quella non era la battuta giusta in quel momento.
Ma il giorno dopo, con un sorriso dolce e gli occhi allegri mi disse: “Ciao, io sono Daria. E Tu?”

lunedì 25 luglio 2011

5 - La piscina - Daria

Dopo innumerevoli richieste e assillanti pressioni, convinsi mio padre ad iscrivermi in piscina. Sebbene abitassi in un paesino della bassa bresciana e fossi più vicina a Brescia che a Bergamo, papà decise che, se la cosa doveva essere fatta, doveva essere fatta per bene. Un suo carissimo amico, che sentiva si e no per gli auguri di Natale e Capodanno, e che era stato un nazionale di nuoto, gli consigliò "senz'ombra di dubbio" la struttura bergamasca da dove, a suo dire, erano stati sfornati numerosi campioni, oltre lui, ovviamente. 
La delusione che provai quando scoprii che per diventare una tuffatrice avrei dovuto fare come minimo due anni di corso di nuoto agonistico (i classici stili: delfino, dorso, rana e libero) fu immensa. Ma mi bastò chiudere gli occhi e ricordare le evoluzioni di quell'atleta cinese, per riprendere vigore e sembrare determinata ed estremamente sicura del percorso che avevo deciso di intraprendere.

Ora, a distanza di anni, ricordo quel periodo con estremo piacere. Furono anni sereni. Riuscivo a conciliare perfettamente lo studio e lo sport. Ero felice e appagata. Non avevo amiche con cui uscire. La sera, quando scendevo dal treno che mi riportava a casa da Bergamo, con estrema lentezza passeggiavo fino a casa, curiosando nelle vetrine dei negozi che stavano per chiudere, ripassando mentalmente le lezioni per la mattina successiva, oppure ascoltando musica sul mio lettore MP3. 
Stavo bene. Stavo veramente bene. Poi conobbi quel cretino, stronzo, vigliacco di Andrea. 

4 - Federico - Giuseppe

Federico è mio cugino.
Ho sempre avuto una profonda stima ed una completa ammirazione per lui. Aveva, sin da bambino, un fascino particolare, un carisma, che mai ho riscontrato in nessun altro.
Sebbene avesse tre anni meno di me e Giammichele (Giammichele si scrive con due "m" perché così decise l'impiegato dell'anagrafe; poi è diventato un vezzo che mio cugino sfrutta per fare il simpatico ogni volta che conosce una ragazza nuova) qualsiasi cosa andasse bene a lui, andava bene anche a noi.
Quasi  sempre accade che i fratelli maggiori si portino dietro il codazzo dei minori. Tra Giammichele e Federico accadeva il contrario.
E non era solo una questione di "piccoli". Anche i "grandi" erano più tranquilli se nelle varie scorribande c'era Federico. A lui era concesso stranamente tutto; vigeva una regola, non scritta, che se c'era lui la cosa era lecita, permessa, ammissibile. Semmai al limite del consentito. La presenza di Federico era una specie di nulla osta, che cercavamo di sfruttare il più possibile.
Quella sera, in spiaggia, Federico capì che tra Daria e me era scoccata la scintilla. Noi non ne eravamo ancora coscienti. Lui ne fu certo da subito. Federico tenne lontano Daria da Giammichele con le scuse più improbabili.

giovedì 21 luglio 2011

3 - In fondo a me non mi piace nuotare - Giammichele

Mi chiamo Giammichele. Un nome del cazzo, lo so. Ma non ci posso fare niente. Non potevo certo incazzarmi con mio padre perché aveva un padre con un nome del cazzo.
Siccome un fracco di amici miei facevano i fighettoni in piscina, cazzo mi ci iscrivo pure io. 
Figura di merda la prima volta con Daria perché quella si buttava da 10 metri. Da sotto non sembra un cazzo. Ma quando stai su... minchia.
Scesi dalla scaletta, così come c'ero salito.
Poi quando ti metti in fissa per una. Stavo sempre in piscina. Vasche a gogó, anche se mi scocciavo. Ma c'era lei.
Come cazzo faceva a fare quei tuffi con due menne così... Boh?
Quando tornó da Roma chiesi a Giuseppe di andare a prenderla. Che cazzata.
Va be' , che ne potevo sapere che quelli si mettevano insieme. Con quello stronzo di Giuseppe ho chiuso. Quell'altra zoccola poi. Meglio che non si fa vedere più a Bologna.

2 - A prima vista - Giuseppe

Quando vidi scendere Daria dall'autobus che la portava da Roma pensai tra me e me che non era un granché. Non ne fui affascinato. Era vestita con jeans e polo, più o meno come me.
Solo la sera, quando uscimmo insieme a Federico, notai che il viso era molto grazioso, delicato, messo in evidenza dai capelli legati dietro la nuca. Le labbra rosse e belle. Mi ricordavano quelle di Liv Tyler (una sua foto è lo sfondo del desktop del mio PC ed ogni volta che la guardo mi si blocca il fiato. Quasi.)

E soprattutto notai le bocce. Grandi (non grandissime). Forse una terza o una quarta. Spiccavano sul corpo magro e muscoloso. Erano messe in evidenza dal vestitino fiorato, legato intorno al collo. Le fasciava il corpo, mettendo in evidenza la vita stretta ed il seno profondo. Luigi, il mio amico di sempre, l’avrebbe definita: “un piccionazzo”. Ma non era così.
Aveva la mia stessa età (23 anni) e faceva la tuffatrice. Come si fa a scegliere uno sport così (come anche il lancio del giavellotto o il triathlon) è sempre stato un mistero. Almeno fino a stasera. Sdraiati sulla sabbia umida di Lido Azzurro mi ha descritto l’emozione che provò qualche anno prima, guardando il tuffo di una atleta cinese ai mondiali di Stoccolma. Una certa Yuang Lia So (non so come si scriva).
Mentre gli altri facevano il bagno al buio (ho sempre avuto un po’ di paura a tuffarmi in mare di sera, quando il mare è nero) io e Daria chiacchieravamo come due vecchi amici, anche se ci conoscevamo solo da poche ore. Tutto merito (o colpa) dei ferormoni. Come tanti piccoli infaticabili operai, lavoravano ininterrottamente a demolire le nostre vite precedenti per costruirne una nuova. Così cominciarono i guai.

martedì 19 luglio 2011

1 - Tutto iniziò in una serata noiosa - Daria

Avevo 12 anni. E mentre le mie amiche uscivano a passeggio, rimanendo fuori fino alle nove di sera, io mi rintanavo in casa, a sudare nonostante il ventilatore, facendo zapping frenetico col telecomando, cercando una ragione valida che mi facesse accodare alle altre.
Non erano i miei genitori a tenermi in casa. Mio padre, anzi, cominciava a temere chissà quale patologia psichiatrica.
No, ero io, solo io, a non voler uscire.
Non ero brutta. Anzi. Direi anche sufficientemente matura. Ero Triste. E questa tristezza non riuscivo a nasconderla.
Ebbene, in quella serata noiosa, la mia attenzione fu rapita dalle evoluzioni di una tuffatrice cinese ai mondiali di Stoccolma. In pochi secondi il suo corpo ruotò su se stesso infinite volte (o almeno a me così sembrò) finché, tesa e leggermente arcuata come una sciabola, s'infilò nell'azzurro della piscina. Non ci furono schizzi, ma solo un ribollire di schiuma intorno al punto esatto in cui scomparve.
Rimasi a bocca aperta. Al rallentatore (solo così potei riuscirci) contai tre capovolte ed un avvitamento e mezzo. Il pubblico si alzò in piedi. Io no. Perché il mio cervello stava già pensando che quella doveva essere la mia strada.