lunedì 5 settembre 2011

33 - La coinquilina - Daria

Nonostante fosse il 31 agosto, faceva ancora caldissimo…quando arrivai a  Bologna c’ erano almeno 38°.
Il proprietario dell’ appartamento che avevo preso in affitto, mi aveva accennato che avrei avuto una coinquilina, ma non sapevo se fosse già andata ad abitarci o meno. Non sapevo nulla di lei, ma mentre raggiungevo Via De Rosa, immaginavo come potesse essere fatta e che carattere potesse avere. Ero serena e ottimista. Iniziavo a rompere il legame soffocante col passato e a fare spazio a pensieri nuovi, iniziavo a proiettarmi nel futuro, a sostituire la nostalgia di casa col desiderio di autonomia e il senso di libertà. L’idea di iniziare l’Università mi eccitava, così come mi entusiasmava il fatto di dover vivere in una città grande e affascinante come Bologna. L’ignoto sarebbe stato la linfa dei miei nuovi giorni e  liberarmi dai “lacci”, che mi avevano imbrigliata fino a quel momento, era la prima cosa da fare per buttarmi a capofittto nella mia nuova vita.
Finalmente arrivai di fronte al portone della mia nuova casa. Varcare quella soglia, per me,  avrebbe significato “NUOVO INIZIO”, rinascere dagli errori e dalle delusioni che mi avevano tormentata a lungo, privandomi della voglia di continuare a sognare.
Notai che c’era già qualcuno, perciò bussai per correttezza. Nel frattempo, l’ansia e la curiosità, mi stavano divorando.
“Ah, sei tu… La tua stanza è di là. Cià!”
Non feci nemmeno in tempo a dire “Ciao, sono Daria; la tua nuova coinquilina”, che già lei/lui (la camminata mascolina e il look assolutamente discutibile insinuarono in un dubbio sul suo sesso) era tornata nella sua tana…ops…stanza, sbattendosi la porta alle spalle. Diciamo che il primo impatto fu molto simile ad uno scontro frontale a 180 km/h su asfalto bagnato in autostrada con un tir in contromano guidato da un ubriaco, non solo per l’aria stizzata con cui m’aveva accolta (accolta però è una parola grossa), ma anche per il modo in cui era conciata: reti, catene, percing e tatuaggi…una ferramenta ambulante.
I punkabbestie non li ho mai digeriti. Maledizione!  
E poi l’appartamento... era assolutamente inagibile, ci voleva la pala meccanica per ripulirlo da quel disordine. Pensai che ci vuole abilità a ridurre in poco tempo una casa in quelle condizioni: sporca, puzzolente, lavandini incrostati, immondizia dappertutto. Volevo scappare, urlare, corre fori, buttare la caparra e cercare un altro posto, un'altra stanza da affittare. L’ottimismo era già andato a farsi fottere. Mi limitai ad entrare nella mia stanza, fortunatamente ancora immune da tale scempio, chiudendomi a chiave. La cosa, l’unica cosa positiva, era quell’enorme finestra dalla quale entrava tanto sole e dalla quale si vedeva un panorama niente male.

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