venerdì 30 settembre 2011

N. D. A.

Cari amici e lettori
è giunto il momento, almeno per me, di ricapitolare le vicende di Daria e di tutta la banda.
Questo è una specie di riassunto delle ultime puntate.
Chi si accinge a leggere questo post come primo approccio a questo blog romanzo deve immediatamente fermarsi: non ha senso leggere il riassunto se si dispone del romanzo intero. Meglio leggere dall'inizio, dal capitolo 1, per non perdere le sfumature e le forti emozioni che un racconto possono far vivere.
Lo so, i fagioli si vantano da soli, ma un po' di autostima non guasta mai.
Cominciamo quindi col RIASSUNTO.


Daria è una ragazzina di circa 12 anni, un po' introversa, che vive in un paese in provincia di Brescia.

martedì 27 settembre 2011

51 - Padrona di me stessa - Daria

Giuseppe è rimasto qui per tre giorni, ma non è stato come pensavo.
Non avvertivo più quel brivido, quell'intesa che c'era qualche settimana fa.
Lui era distante, freddo. Timoroso. M'aspettavo che tornasse sull'argomento di Xavier... invece nulla.
Forse avrebbe voluto che fossi io a spiegare, a raccontargli qualcosa.

lunedì 26 settembre 2011

50 - Tradimento? - Daria

Mary ed io abbiamo litigato. O meglio, lei è arrabbiata con me ed io non so il perché.
Credo di capire, credo che dipenda dal fatto che Giammichele ed io ci siamo messi insieme. Ma lei non m'ha detto nulla: mi ignora. Ha eretto un muro tra di noi.
La cosa mi angoscia parecchio, sia perché stiamo ancora nella stessa casa, sia perché non credo di meritare di essere ignorata.

domenica 25 settembre 2011

49 - Acrostico - Andrea

Dentro il mio cuore
Ancora conservo il
Ricordo del nostro amore,
Indelebile, chiaro, profondo.
Anche se hai ucciso una parte di
Me ogni sera, prima di dormire, sei
Il mio ultimo pensiero, come al
Mattino il primo sussulto del mio cuore. 
Addio l'ho detto troppe volte e
Non ci credo più neanche io. 
Cresci Daria mia, cresci
Ho la certezza che un giorno ci ritroveremo
In un'altra vita. Ti amo. 

sabato 24 settembre 2011

48 - Il piano - Federico

Ormai la "fuitina" di Giuseppe e Daria é venuta a galla ed il patatrac é assodato. Giuseppe e Giammichele hanno litigato di brutto. Giammichele lascerà casa. Ed io? Io che non vedo l'ora di andar via di qui dove devo andare? Per mamma é ovvio: con mio fratello. Ma io sono stanco di dover prendermi cura di lui. Se ci fosse stato anche Giuseppe tutto sarebbe stato differente.
So di non aver scelta ed é proprio questo quello che non mi piace. Siamo sempre obbligati a fare scelte sensate, obbligati ad essere maturi. Scelte intelligenti ma fredde.

venerdì 23 settembre 2011

47 - Cicatrici - Mary Taken

Sono qui sul letto a guardare insistentemente quel terribile lampadario stile gotico che scende dal soffitto e mi domando perché...
Il perché lui preferisca lei a me non mi sembra difficile da capire. Lei è più bella. graziosa, brillante nel porsi, più gatta, ci sa fare…ma perché lei mi abbia voluto ferire…io questo non lo capisco, è fuori da ogni mia logica.

giovedì 22 settembre 2011

N. D. A.

Cari lettrici e lettori,
ho in mente di realizzare un altro blogromanzo nel quale i personaggi (4 o 5 al momento) verranno "sviluppati" da altrettanti scrittori che non si conosceranno tra loro
La trama verrà fuori man mano che ognuno scriverà il proprio capitolo. Ogni scrittore dovrà scrivere il proprio post in funzione di quelli precedenti.

Il mio compito sarà solo quello di moderazione, indicando di volta in volta il calendario degli eventi.
Chi volesse partecipare a questo progetto deve inviare la propria candidatura alla mail di Mary Taken.
Grazie
Giuseppe.
PS
Di seguito la situazione di chi si collega al blogromanzo... Russia, Mozambico, Marocco, Messico... mah!

mercoledì 21 settembre 2011

46 - Il diario - Daria

Non ho mai scritto un diario e non so neanche bene la ragione che mi spinge questa sera a cominciare. Non so se e per quanto continuerò. Ma ora ne ho voglia e ho deciso di seguire questo flusso.
É successo quello che non doveva succedere. É successo. E non so cosa fare, cosa dirle, come comportarmi con lei... e anche con lui.
Ma veniamo al dunque, all'accadimento, all'evento che mi costringe a scrivere ciò che é accaduto, a mettere nero su bianco (anzi rosso su bianco) quello che é avvenuto.

martedì 20 settembre 2011

45 - Colpo di fulmine - Mary Taken

Proprio quando meno te lo aspetti la vita ti regala qualcosa.
Mi ero iscritta in piscina… ci provavo a nuotare. Mi divertivo e facevo anche progressi, specialmente con la rana e il dorso. Ma in fondo un vero motivo per tornare a casa, disintegrata dagli sforzi che facevo, non lo avevo ancora trovato. Non fino a quella sera.
Parlo della sera in cui è arrivato un nuovo iscritto al corso per raggiungere il secondo brevetto di nuoto. Giammichele, si presentò a tutti con aria disinvolta e giocosa; si vedeva che sapeva già nuotare da come fece il primo ingresso in acqua. Poi seppi ch veniva da un posto di mare...la gente di mare, mi piace perché conserva in sé la stessa calda energia estiva per tutto l’anno, o forse anche solo perché questa idea  contrasta con la mia necessità d penombra. 

domenica 18 settembre 2011

44 - Un sospiro di sollievo - Giuseppe

Dopo i convenevoli ci fu la cena. Il proposito di fuggire appena possibile, così come Federico mi aveva caldamente suggerito, era oramai irrealizzabile. Ai genitori dissi che sarei ripartito l'indomani mattina per Milano, ma l'insistenza della madre di fermarmi almeno per il pranzo fu tale da far sembrare scortese qualsiasi rifiuto. In fondo non mi dispiaceva restare lì, ora che il peggio era passato.

venerdì 16 settembre 2011

43 - Il pacchetto - Giuseppe

Fortunatamente il viaggio da Bologna a Brescia si svolse regolarmente, con tanti principi di infarto, ma nessuno letale. Sembrò interminabile.

Arrivai a Brescia alle 19:56. In stazione c’era Daria ad attendermi col suo motorino. Nessuna traccia dei miei due compagni della mattina.
Mi accolse con un sorriso e tutti i miei bravi propositi si sciolsero in un istante.
Sorrisi anch’io; le dissi solo: “Tu sei pazza!”, calzai il casco e partimmo per casa sua. Impiegammo circa mezz’ora, tra strade statali e stradine sterrate di campagna.

giovedì 15 settembre 2011

42 - Lo sfogo - Federico

Basta, sono stanco, stufo dello schifo che mi circonda, dei miei compaesani sporcaccioni e furbetti.
Non sopporto più le carte lanciate dal finestrino, magari fatte in mille pezzetti per scaricare chissà quale frustrazione. Dei fumatori, che inquinano 5 volte: quando buttano per terra la plastica trasparente che ricopre i pacchetti; quando accartocciano in una mano e lasciano cadere la pellicola argentata interna; quando fumano tra la gente, infischiandosene dei vicini; quando buttano per terra la cicca ormai consumata; quando accartocciano il pacchetto e lo lanciano via.

mercoledì 14 settembre 2011

41 - Maschere - Mary Taken

Io quella ragazza non l'ho mai capita fino in fondo e forse non si e' mai capita neanche lei! A volte mi sembra solare, grintosa, forte, decisa, proprio come quando si tuffa dal trampolino. Ma poi... eccola, appare la Daria debole, vulnerabile, timida, che si perde in un bicchier d'acqua, che scappa di fronte ad una formica. Sembra quasi che abbia una maschera, che non abbia ancora capito un granché di se stessa; sembra che abbia sempre soprasseduto sui suoi turbamenti, che abbia nascosto i problemi come polvere sotto un tappeto. Solo che ora non si rende conto che il tappeto arriva al soffitto. 

martedì 13 settembre 2011

40 - La lettera (3) - Andrea

Pensi davvero che io creda a tutte le fesserie che mi hai propinato? Io ti voglio bene Daria, ti voglio ancora tanto bene, ma mi sento tremendamente offeso da te, dal tuo tentativo di farmi credere certe panzane. Io non sono tuo padre; a me le cose le potevi dire, potevi confidarti e confessarti. Potevi lasciarti andare, come hai sempre fatto. Ti conosco molto bene, forse anche meglio di te.

lunedì 12 settembre 2011

39 - Chiarimenti - Giuseppe

Ero su un autobus, senza biglietto, in chissà quale città italiana, con uno zaino contenente un pacchetto non mio e dal contenuto ignoto.
Chiamai subito Federico per aggiornarlo sugli sviluppi e pianificare con lui sul da farsi. Il suo telefono non era raggiungibile. Scesi alla prima fermata, guardandomi indietro per essere sicuro che quei due non stessero seguendomi. Presi una traversa a caso. Sulla targa della strada era scritto: Via Giuseppe Verdi - Musicista - Città di Rimini. Bene, almeno sapevo dove ero capitato.
Continuai a chiamare... nulla, non c'era verso di parlargli.
Chiamai Daria.
"Daria, sono io, sono Giuseppe"
"Ciao, dove sei arrivato?"
"Sono a Rimini... sono sceso... cosa c'è nel pacco, Daria?"
"Non lo so di preciso... Xavier mi ha detto che è una sorpresa...perchè?"
Le raccontai tutto, del suo amico che parlottava con due tizi, del fatto che mi avevano accerchiato, della polizia, della fuga...
"Ma dai", mi disse "stai esagerando..."
"Esagerando? Quelli erano armati... mi hanno seguito... io lo butto!"
"Noo!"
"Cosa no? Forse é meglio che vada alla Polizia allora, e racconti tutto".
"Aspetta Giusè, non mettermi nei casini..."
"Allora lo sai cosa c'è..."
"No, non lo so, ma da quello che mi dici deve esserci qualcosa di... di non... di non lecito. Vieni qui. Prendi un pullman per Bologna e poi un treno per Brescia. Quelli non potranno seguirti. Fidati!"
"Fammi riflettere... ti richiamo fra un po'."
Richiamai Federico. Rispose. Raccontai a lui la stessa storia più la conversazione con Daria, quel Noo impaurito.
Mi disse: "Ormai sei in ballo! Torna alla stazione: se trovi quei tipi gli lasci lo zaino e te ne vai, prendi il primo treno e te ne torni a casa. Se non trovi nessuno prendi il treno e vai a Brescia. Sicuramente ti aspetteranno alla stazione. Anche lì molli tutto e te ne torni immediatamente. Non discutere... molli lo zaino, ti giri e te ne vai. E se ti rompono, se ti dicono qualcosa non rispondere e corri in cerca di un poliziotto o un carabiniere. O un vigile urbano. Di sicuro non ti seguiranno più. Hanno il loro pacchetto e il resto non gli interessa. E se non trovi nessuno, vai da Daria e fai lo stesso. Non ti fermare da lei, non ti far coinvolgere, stanne fuori. Una storia non può cominciare così... e non ti dimenticare di tuo cugino, Giammichele: vuoi rovinare tutto per Daria? Manco se fosse l'ultima ragazza della terra."
"Va bene: farò così!"



domenica 11 settembre 2011

38 - Bugie - Andrea e Daria



Ciao.
Ciao.
Come va?
Bene.
Quando sei tornata?
Il 18... sera.
Cos'è successo?
Ma niente... stavo chiacchierando con uno che mi aveva fermata sulla spiaggia e ... e poi sono arrivati i poliziotti e ci hanno portato in questura. Ma io quello lì neanche lo conosco. Anzi scusa se ti ho fatto venire apposta... mi dispiace, ma non sapevo come dirlo a mamma e papà... scusa.
Vabbè, ma perché ti hanno trattenuta? Qual era l'accusa?
Ma che ne so... quello aveva un po' di droga... e mi hanno trattenuta per fare dei controlli. Poi è venuta fuori la faccenda della festa di Terry... immagina tu, hanno fatto 2+2 pensando di azzeccarci, ma non hanno potuto dimostrare nulla.
Perché, c'era qualcosa da dimostrare?
No, cioè volevo dire che pensavano che io stessi comprando qualcosa ma siccome non avevo nulla addosso quando mi hanno perquisita, non hanno potuto farmi nulla.
Ma tu stai fumando ancora?
Senti Andrè, ne abbiamo parlato migliaia di volte... sono cazzi miei. Scusa se t'ho chiamato, non avrei dovuto... lo so che ho sbagliato ma non sono una drogata... se mi faccio uno spino ogni tanto non significa che sono drogata, no?
E Giammichele?
Ci siamo lasciati. Mo però io me ne devo andare... viene a trovarmi Mary Taken...
Avete fatto pace?
No, cioè... si, ma non proprio. Dobbiamo parlare. Arriva col treno delle quattro... e devo passare anche a prendere una vaschetta di gelato.
Vuoi un passaggio?
No, no, prendo il motorino, poi il gelato e vado in stazione.
Sei sicura? C'è altro?
No, tranquillo. Ti richiamo io.
Ciao.
Ciao.



sabato 10 settembre 2011

37 - La soluzione - Giuseppe

Federico ed io avemmo la stessa idea: continuare fino a Brescia, come se nulla fosse. I "conti" li avrei fatti poi con Daria. Loro erano lì solo per controllarmi: se avessero avuto strane intenzioni, avrebbero avuto modo e tempo per agire. Si erano limitati a tenermi d'occhio. Magari, anzi sicuramente, tenevano d'occhio solo il pacchetto, accuratamente imballato nel mio zaino. Seduti com'erano, potevano guardarsi a vicenda, guardare me e guardare i due ingressi al vagone. Io avevo gli occhiali da sole, potevo così controllarne uno senza destare troppi sospetti.


Ad un certo punto, quello che era seduto di fronte a me, s'irrigidì e fece cenno al compare. Feci finta di nulla, mi alzai col pretesto di mettere la rivista che leggevo nello zaino. Dal vagone alle mie spalle arrivavano due poliziotti con tanto di pastore tedesco. Caddi seduto al mio posto. Guardai il mio gorilla. In un attimo fu chiaro a tutti che io sapevo... che non ero così sprovveduto come loro pensavano. Mi fece cenno di stare calmo, di guardare fuori.
Si alzò, mise le mani dietro la schiena, quasi a controllare che tutto fosse al suo posto, ed andò incontro ai poliziotti. 


Avevo una paura folle. Migliaia di pensieri e soluzioni mi si affollarono nella testa, spazzando via tutti i piani che in quelle ultime ore avevo architettato.
Perché dovevo stare lì fermo a farmi fregare? Decisi di alzarmi, presi lo zaino e m'incamminai dalla parte opposta. Avevo davanti a me almeno altri 4 vagoni. Il guardiaspalle fece lo stesso: mi seguiva a poca distanza.
Il treno cominciò a rallentare, stavamo per raggiungere una stazione. 
Appena fermo, scesi dal treno e m'incamminai velocemente verso l'uscita, seguito almeno da uno dei due compagni di viaggio, che aveva estratto il telefono e stava telefonando, sicuramente al compare.
Era dietro di me di una decina di metri. C'era un autobus, sul piazzale davanti la stazione, che stava chiudendo le porte. Mi ci infilai, lasciando l'amico al palo. Mentre l'autobus si allontanava mi guardai indietro. Uno era fermo lì, e gridava veementemente contro il cellulare. Dell'altro non c'erano tracce.

venerdì 9 settembre 2011

36 - Viceversa - Mary Taken

Daria è un soggetto strano. Ora siamo grandi amiche, ci vogliamo bene e ci cerchiamo sempre. Ma c'è voluto qualche mese.
I primi tempi sembrava quasi impaurita da me, colpa sicuramente del mio look, obbiettivamente poco friendly.
Rispettava i miei spazi oltre ogni aspettativa. Se stavo facendo colazione, chiedeva il permesso per poter preparare la moka. Oppure, se pranzavo con qualche amica, aspettava che finissimo per poter pranzare anche lei.
Non è mai entrata in camera mia finchè non l'ho invitata io stessa. Ci siamo date sempre appuntamento in corridoio o in cucina per discutere di faccende domestiche.
Non era schiva, piuttosto molto riservata. Aveva poche amiche che venivano a salutarla o a studiare con lei. Ogni tanto faceva capolino il suo ex, un certo Andrea, di cui non ha mai voluto parlarmi. Un tipo precisino, molto a modo, troppo ... anzi. L'unica esternazione che mi ha fatto circa Andrea è stata: "E' diventato pallosissimo, non lo sopporto più". Qualche volta ho assistito al rifiuto della telefonata, con conseguente sbotto: "Che palle... basta!"
Avendo fatto piscina sin da piccola aveva un fisico mozzafiato, almeno per me. Perchè alla magrezza muscolosa tipica degli atleti, univa un seno prosperoso, un viso dolce, acqua e sapone e del lunghi capelli lisci, castano chiaro, portati con la frangetta. Solo se sei graziosa come lei puoi permetterti una frangetta.
Ogni tanto viene a trovarla Terry, una sua compagna di liceo. Il loro rapporto è... strano, non saprei definirlo correttamente. Sembra non paritario, come se Daria abbia dei crediti con Terry, come se si aspetti sempre di ricevere qualcosa, una sorta di dovuta gratitudine per qualche torto ingiustamente subito o per qualche favore non ricambiato.
Mi ha convinta ad iscrivermi in piscina. Spesso ci andiamo insieme: mentre io seguo il corso, con altri 6 incapaci come me, lei si tuffa o dal trampolino o da una delle piattaforme. Una volta mi ha portata sulla più alta: credo quella dei 5 metri. Ero rigida, violentemente aggrappata al corrimano, incredula che si possa avere tanto coraggio da lanciarsi giù, magari mettendosi in verticale sullo spigolo. L'ho vista correre contro il vuoto, saltare in alto (come se 5 metri non fossero già sufficienti!) rannicchiarsi su se stessa e scomparire dalla mia vista. Dopo qualche "ora" ho sentito il suono del suo ingesso in acqua. Sono rimasta su... non riuscivo a venir giù... neanche dalle scale. E' dovuta risalire lei e, stringendomi forte il braccio, mi ha riportato sulla terra ferma.

giovedì 8 settembre 2011

35 - L'apparenza e la sostanza - Daria

Mary Taken, la mia punkabbestia compagna di casa, in realtà si chiamava Maria Assunta, come la nonna paterna, ora ultranovantenne.
A dispetto delle sembianze "trucide", era di una dolcezza infinita, non solo nei modi, ma anche nel tono della voce, nelle parole usate, nelle attenzioni che quotidianamente aveva per me.
La casa a soqquadro, il primo giorno, non era stata opera sua. Lei, infatti, era arrivata la sera prima e non aveva fatto in tempo a rassettare tutto.
Aveva preferito non porre la questione alla padrona di casa per "... non cominciare col piede storto la nuova vita".
La mattina si svegliava presto, verso le 6, senza bisogno della sveglia. Faceva colazione con latte e cereali, senza caffè. Qualche volta, per cambiare, yogurt e fette biscottate con la marmellata.
Poi usciva per una corsetta di circa mezz'ora, stretching e doccia. Sempre, ogni mattina, tranne la domenica che preferiva dedicare alla messa delle 7. Non era una cattolica convinta... ma l'andarci la faceva sentire bene, in pace con se stessa.
Ai piercing e ai tatuaggi mi abituai in fretta e dopo un paio di settimane non ci feci più caso. Effettivamente ne aveva tanti. Troppi, direi.
Una catenina le collegava la narice all'orecchio destro. Sullo stesso orecchio, nella parte posteriore del padiglione, era tatuato un geco verde. Sulla lingua aveva due sferette d'oro. Altri piercing non me li fece mai vedere. Aveva un anello per ogni dito, ma li indossava solo prima di uscire... in casa le davano fastidio.
Un altro tatuaggio, questo brutto, le fasciava tutto il fianco destro. Doveva essere una specie di totem maya o azteco, ma l'inchiostro, probabilmente di scarsa qualità, s'era diffuso sotto la pelle, rendendo i contorni indefiniti.
Cominciò a farsi chiamare Mary Taken (cioè Maria Assunta) quando dovette scegliere un nick name per la posta elettronica. marytaken@gmail.com.
Studiava molto più di me, ma non appariva mai stanca. Tutt'al più andava a letto presto, mentre io ed i miei amici restavamo fino a notte inoltrata a bere birra, fumare ed ascoltare musica. Avrebbe, giustamente, potuto chiedere di abbassare la voce, di fare meno chiasso. Preferiva invece mettere i tappi nelle orecchie. A definirla così sembrerebbe quasi una santa... ma forse ora sto esagerando un po'.
Era sempre taciturna, passava ore e ore nella sua stanza. C'erano giorni in cui non si affacciava nemmeno per mangiare. Non comprendevo se era la mia presenza a darle fastidio, oppure, era semplicemente introversa o tormentata da qualcosa; a volte sembrava che volesse espiare una colpa, infliggendosi la solitudine. Era sempre vestita di nero, anche il trucco, pesante e scuro, un "dark style" in pandant con la sua personalità ambigua, misteriosa. Passarono mesi prima che si aprisse un pò con me, probabilmente apprezzò il fatto che, sin dall' inizio, avevo rispettato i suoi silenzi, i suoi spazi, la sua solitudine. Quando ebbi modo di accedere al suo "mondo" rimasi interdetta. A differenza della mia, la sua stanza non era illuminata, le tapparelle erano chiuse e lasciavano passare solo qualche raggio di sole; inoltre, l'aveva riempita di tende scure, perciò era immersa nella penombra. Probabilmente l'oscurità silenziosa era la sua fonte di ispirazione. Era piena di disegni affissi sul muro e tele miste sparse un pò dappertutto: alcune raffiguravano paesaggi, più che altro mari in tempesta, cieli minacciosi spaccati da fulmini, alberi piegati dal vento; altri, invece, erano astratti e creavano vortici di colori in rialzo che davano un senso di profondità, ma anche di smarrimento e di vuoto. Quella stanza era piena di messaggi celati che solo poche persone avrebbero potuto interpretare. Lì dentro c'era la sua anima, le sue ferite, le sue cicatrici.
La nostra amicizia fu vera, finchè non conobbi e mi misi con Giammichele.

martedì 6 settembre 2011

34 - Il viaggio per Brescia - Giuseppe

Il treno era affollato. Nonostante fossero le 6 di mattina, l’afa stagnante faceva sudare terribilmente.
Avevo arrotolato il pacchetto in un foglio di cellofan, poi nel volantino dell’Auchan, spargendo tra un foglio e l’altro del caffè e dell’aglio secco, nel tentativo/speranza di depistare l’olfatto di eventuali cani della Guardia di Finanza. Il tutto in due sacchetti gelo.
Avrei buttato via il tutto all’uscita dalla stazione: Daria non sarebbe potuta venire a prendermi. “Ho un impegno fino alle 5, scusa…”
La paura per l’incognita sul pacchetto era cresciuta quando, prima di salire in treno, avevo scorto tra la gente la figura esile di Xavier, che parlottava con altri due tipi, molto simili a lui nell’aspetto, forse turchi, o comunque mediorientali.
Era diventata terrore, quando i due si sedettero uno nella fila davanti ed uno in quella dietro. Ero circondato.
Non era una situazione normale, affatto.
Pensai di scendere immediatamente. Poi mi convinsi che il viaggio era lungo, che avrei dovuto fare un cambio a Parma e che avevo tutto il tempo per gestire la faccenda.
Loro non potevano sospettare ch’io li avessi individuati. Avevo questo piccolo vantaggio e dovevo sfruttarlo appieno. Mi sforzavo di non incrociare lo sguardo di quello che era davanti, guardando fuori dal finestrino o facendo finta di giocare col cellulare.
Non potevo telefonare.. ma gli SMS si! Disattivai la suoneria.

FEDERICO, SONO NEI CASINI. POSSO SOLO MANDARE SMS. NON CHIAMARE, PER FAVORE. CI SEI?. PER FAVORE RISPONDIMI!

CHE SUCCEDE? DOVE SEI?

SONO SUL TRENO PER BRESCIA: STO ANDANDO DA DARIA. HO CON ME UN PACCHETTO CHE MI HA DATO XAVIER (QUEL SUO AMICO) CHE LE DEVO PORTARE SU.

CAZZO, GIUSE’. MA CHE STAI FACENDO?

NON SO COSA CI SIA NEL PACCHETTO. MA SUL TRENO CI SONO DUE TIPI STRANI CHE HO VISTO CON XAVIER ALLA STAZIONE PRIMA DI PARTIRE. SI SONO SEDUTI VICINO ME.

VAI IN BAGNO CHE PARLIAMO. LI’ C’E’ RUMORE

Mi alzai, senza girarmi per vedere se per caso uno dei due mi stesse seguendo. Chiamai Federico e gli raccontai tutto. Convenne con me che c’era tempo per pensare e così facemmo: rimandammo tutto alle ore seguenti. E continuavo a sudare, nonostante l’aria condizionata.

lunedì 5 settembre 2011

33 - La coinquilina - Daria

Nonostante fosse il 31 agosto, faceva ancora caldissimo…quando arrivai a  Bologna c’ erano almeno 38°.
Il proprietario dell’ appartamento che avevo preso in affitto, mi aveva accennato che avrei avuto una coinquilina, ma non sapevo se fosse già andata ad abitarci o meno. Non sapevo nulla di lei, ma mentre raggiungevo Via De Rosa, immaginavo come potesse essere fatta e che carattere potesse avere. Ero serena e ottimista. Iniziavo a rompere il legame soffocante col passato e a fare spazio a pensieri nuovi, iniziavo a proiettarmi nel futuro, a sostituire la nostalgia di casa col desiderio di autonomia e il senso di libertà. L’idea di iniziare l’Università mi eccitava, così come mi entusiasmava il fatto di dover vivere in una città grande e affascinante come Bologna. L’ignoto sarebbe stato la linfa dei miei nuovi giorni e  liberarmi dai “lacci”, che mi avevano imbrigliata fino a quel momento, era la prima cosa da fare per buttarmi a capofittto nella mia nuova vita.
Finalmente arrivai di fronte al portone della mia nuova casa. Varcare quella soglia, per me,  avrebbe significato “NUOVO INIZIO”, rinascere dagli errori e dalle delusioni che mi avevano tormentata a lungo, privandomi della voglia di continuare a sognare.
Notai che c’era già qualcuno, perciò bussai per correttezza. Nel frattempo, l’ansia e la curiosità, mi stavano divorando.
“Ah, sei tu… La tua stanza è di là. Cià!”
Non feci nemmeno in tempo a dire “Ciao, sono Daria; la tua nuova coinquilina”, che già lei/lui (la camminata mascolina e il look assolutamente discutibile insinuarono in un dubbio sul suo sesso) era tornata nella sua tana…ops…stanza, sbattendosi la porta alle spalle. Diciamo che il primo impatto fu molto simile ad uno scontro frontale a 180 km/h su asfalto bagnato in autostrada con un tir in contromano guidato da un ubriaco, non solo per l’aria stizzata con cui m’aveva accolta (accolta però è una parola grossa), ma anche per il modo in cui era conciata: reti, catene, percing e tatuaggi…una ferramenta ambulante.
I punkabbestie non li ho mai digeriti. Maledizione!  
E poi l’appartamento... era assolutamente inagibile, ci voleva la pala meccanica per ripulirlo da quel disordine. Pensai che ci vuole abilità a ridurre in poco tempo una casa in quelle condizioni: sporca, puzzolente, lavandini incrostati, immondizia dappertutto. Volevo scappare, urlare, corre fori, buttare la caparra e cercare un altro posto, un'altra stanza da affittare. L’ottimismo era già andato a farsi fottere. Mi limitai ad entrare nella mia stanza, fortunatamente ancora immune da tale scempio, chiudendomi a chiave. La cosa, l’unica cosa positiva, era quell’enorme finestra dalla quale entrava tanto sole e dalla quale si vedeva un panorama niente male.

domenica 4 settembre 2011

32 - Driiiiiin - Giuseppe

Driiiiiin. Daria aprì la porta di casa sua. Ci fu un attimo di silenzio. Strizzò gli occhi e sorridendo disse : "Dai, entra".
Era radiosa. Gli occhi sottili, contenti di vedermi. I lunghi capelli bagnati luccicavano nella penombra. 
La forte luce del pomeriggio filtrava attraverso le persiane socchiuse. Faceva caldo. 

Mi prese la mano. Io lasciai lo zaino per terra e la seguii. Attraversammo il soggiorno, con le pareti piene di scaffali zeppi di libri, due bassi divani di pelle bianca. Non c'era il televisore. Dal corridoio si accedeva alla sua camera da letto. Era evidente che in casa fossimo soli. 
Faceva caldo. Ora anche di più. 
Daria indossava una canottiera bianca, che le fasciava stretta la vita e le evidenziava il seno, e dei pantaloncini di jeans, con una fusciacca fiorita al posto della cinta, corti, molto corti, che lasciavano scoperta l'attaccatura del sedere alle gambe.
Si girò verso di me, facendo segno con le braccia allargate a dirmi: "Questo è il mio mondo". Io mi voltai, seguendo con lo sguardo dove le sue mani mi indicavano. 
Feci un giro su me stesso, osservando attentamente i poster, i cuscini sul letto, la scrivania incasinata, l'armadio antico che strideva col resto.  Quando ritornai di fronte a Daria, lei era a pochi centimetri da me. Le appoggiai le mani sui fianchi e le nostre labbra si avvicinarono, ma senza toccarsi. 
Sentivo il suo respiro ansioso come il mio. Ci baciammo. Dolcemente prima, lentamente, facendo scorrere i brividi dalle labbra alla schiena. Poi sempre più forte. Le presi il viso tra le mani, la mia bocca non riusciva a staccarsi dalla sua per prendere fiato. Le mi strinse forte, voleva sentire il mio corpo sul suo, voleva trasmettermi tutta la sia passione, tutto il desiderio. 
Le accarezzai il collo, poi le spalle, le abbassai una spallina. Le mie labbra presero lo stesso sentiero: viso, collo, spalle. Lentamente baciavo e mordevo la sua pelle profumata. 
Lei inclinò la testa indietro ed io cominciavo a sentire forte il suo odore, sempre più forte, man mano che le mie labbra scendevano sul suo petto, mordendo la pelle per raggiungere il seno, che lentamente scoprivo tirando in basso la canottiera. 
Mi mise una mano tra i capelli, facendo scivolare le dita aperte dalla nuca fino a spingere forte la mia testa contro di se. Mi voleva quanto e più di me
Driiiiiiin ... la sveglia, sono le 5... che sogno...fra un'ora parte il treno. Che faccio? Parto o non parto?

venerdì 2 settembre 2011

31 - La Maturità - Daria

Cavolo che ansia… non vivrò a lungo di questo passo… questo stress... questa maledetta paura, moltiplicati per tutti quelli farò all'univeristà mi logoreranno le coronarie, mi condurranno alla calvizie e mi faranno venire la colite ulcerosa. Diventerò un mostro…peggio della Montalcini…quella almeno i capelli ce li ha. Sono 2 mesi che ci sbatto la testa su questi maledetti libri, non posso essermi scordata tutto…è solo una sensazione…Ma com’è…uffa…mi viene da piangere! Non posso stare così male… è solo un’ esame… ed è ancora il primo, porca miseria… Chiamo mamma, no, meglio di no, mi metterebbe ancora più in tensione… non è mai stata molto di supporto nelle situazioni difficili… Come quella volta, l'anno scorso… il famoso dente del giudizio che dovevo per forza togliere perché mi stava spostando tutti gli altri… entrò anche lei con me, diceva che mi avrebbe fatto coraggio durante l'estrazione… Peccato che il dentista dovette far scendere me dal lettino per metterci lei che, alla vista del sangue che fuoriusciva dalla mia bocca, era cadutta a terra come un sacco vuoto.
Ok, ma ora non devo distrarmi… CON CEN TRA ZIO NE… un respiro profondo… fiuuuuu.
Oddio , dopo Michela e Francesco toccherà a me...ed ormai il mio cervello è andato completamente in fumo. Ma allora che faccio adesso? Ripeto? Ma no…è peggio…non ci riesco… mi sembra di aver cancellato tutto dalla mia mente. Che confusione…

L'esame di maturità fu psicologicamente devastante, ma tanta sofferenza venne ripagata con un bel 100 e lode e tanto di complimenti dai prof.
Credevo che, col passare del tempo, la paura e lo stress pre-esame si sarebbero mitigati, invece, puntualmente, mi sentivo morire. Mi sentivo svuotata e priva di forze, psicologicamente vulnerabile.
Era incredibile la velocità e facilità di socializzazione in quel contesto:
"Scusami, quale domanda hanno fatto… non sono riuscita a sentire"
"Ah, guarda, nemmeno io ho capito… so soltanto che Michela non riesce a farfugliare nulla "
"Dio mio… iniziamo bene… Ma la tesina la chiedono?"
"Pare che inizino proprio da quella. Io l’ho fatta veramente a pizza, diciamo che l’ho solo letta, pensando che non la chiedessero proprio. Devo sperare in un miracolo"
"Io l’ho studiata, ma era talmente incomprensibile…specie gli ultimi due capitoli . L'ho scaricata da internet... "
"Mi sa che è meglio sperare in una botta di culo…fa più effetto e rende di più l’idea"
"Ahahahah sì sì…diciamo di sì"
Si condividevano stati d’animo, ma soprattutto l’ odio per i professori esterni, che se la tiravano a morire e facevano domande difficili solo per darsi importanza…Prima di ogni interrogazione c’era sempre questo clima di solidarietà assoluta che ti spingeva a relazionarti con tutti, anche con quei compagni che magari non avevi mai calcolato fino a quel momento; condividevamo la medesima lacerante agonia pre-esame… ed era pure naturale provare, poi, un po’ di invidia nei confronti degli amici che s’erano già liberati di quella tortura, peggio ancora se con una bella figura. Quasi sempre la solidarietà del PRE si tramutava in egoismo nella fase POST-esame. Nel 90% dei casi, chi usciva dall'aula dopo averlo sostenuto, alla domanda pronunciata con la voracità tipica di un avvoltoio: "Bè, allora, che ti hanno chiesto?" rispondeva, con gestualità alquanto teatrale/melodrammatica: "ehm…un attimo…allora…madonna sto ancora tremando… allora… aspè che… madò… non mi ricordo"… e, la solidarietà precedente si tramutava in odio sviscerato da parte di chi doveva ancora essere "messo alla gogna" e stava perdendo tempo prezioso (per ripetere) ad elemosinare invano una risposta.
Stavo malissimo, ma ho nostalgia di quei momenti.

giovedì 1 settembre 2011

30 - La lettera (2) - Andrea

Ho bisogno di parlarti, di dirti quello che sento. Dello stomaco che si contorce, del pensiero ossessivo, che mi svuota l'anima e mi costringe a scuotere la testa violentemente per mandarlo via.
Dell'ansia che attanaglia le cosce, che mi fa male alle tempie e allo stomaco ancora.
Ma tu capiresti che ti amo ancora? Riuscirei a trasferire dentro il tuo cuore il tumulto che ribalta il mio e mi rende assente in mezzo agli amici, che mi tiene sveglio per ore e mi costringe a pensare, pensare, pensare, pensare, in un vortice vischioso di cose non dette e non fatte che forse avrebbero potuto cambiare tutto?


Perché mi hai chiamato? Credevo di aver superato il vuoto a cui mi hai condannato. Hai riaperto un piccolo spiraglio, ed il mio cuore s'è strizzato per poter passare, s'è infilato, schiacciato e stretto, nella piccola crepa che hai riaperto dicendomi: "Andrea, sono stata arrestata di nuovo. Ti prego, vieni qui".
Mi sono "zerbinato" ancora. Ho fatto quello che mi hai chiesto, come e quando hai voluto tu, certa della mia "fedeltà".
Siamo su due piani paralleli: non ci potremo incontrare più.
Ed intanto il tarlo si fa strada, mangia le sinapsi della ragione, lasciando intatte solo quelle della memoria, che mi tormenta e non mi dà tregua.
"Vai avanti, lascia perdere" mi dicono e mi dico anch'io.