mercoledì 31 agosto 2011

29 - Il dubbio - Giuseppe

Che faccio? Lo apro o non lo apro? O forse sarebbe meglio dire: "Parto o non parto"?
Cos'è sto coso?
Xavier m'è sembrato troppo gentile, amichevole. Troppo affabile. "Ciao, come stai? Daria mi ha parato tantissimo di te... ti vedo in forma... Sono contento che tu parta..."
Cosa avrà mai potuto dirti di me, che neanche noi ci conosciamo! "Sei in forma"? Cosa significa: "Sei in forma"? Mi vede in forma... mah? E poi è contento che io parta...
Perché mai? Che se ne frega, di me, di Daria, della mia partenza... Chi è questo qui? e poi cosa c'è nel pacchetto, voglio sapere!
Daria al telefono è stata elusiva: "Niente... niente di importante..."
Perché non me lo dici?
Forse perché non me lo puoi dire.
Non so che fare.
Lo butto... m'invento una scusa, dico che l'ho lasciato sul treno a Parma? O non parto proprio, invento una scusa e poi lo restituisco a Xavier...
Non so che fare.
Cosa ci sarà dentro?
Droga. Marijuana, hashish, cocaina...  o magari una pistola, una con cui magari hanno fatto una rapina... o hanno ucciso qualcuno...
Cosa dico al finanziere col cane super eccitato che strattonerà con la bocca il mio borsone? Cosa gli racconto?
Sono agitato. Ora la chiamo e le chiedo cosa c'è dentro... non mi può dire "Niente"!
Me lo deve dire. Così faccio la figura del pirla. Però se è droga e non le chiedo niente la faccio lo stesso!
Miiii... che palle. E intanto non riesco a chiudere occhio.
Non credo sia una pistola, non pesa tanto...o magari è un coltello... 
Basta, sono stanco, mi si chiudono gli occhi e vorrei non avere in mano questo maledetto pacchetto.

martedì 30 agosto 2011

28 – Parto per Brescia - Giuseppe

Non posso! E’ stata la ragazza di mio cugino… come lo potrei giustificare?
Lui fa il gradasso, parla di lei come se fosse una "zoccola". Mi da fastidio.
Vorrebbe mascherare il dolore, il dispiacere, la tristezza che lei gli ha lasciato dentro. Il vuoto che vorrebbe colmare presto ripartendo per Bologna. Ma si vede che sta male.
Le ho telefonato ieri. E’ ritornata a Brescia, a casa dei suoi. Andrà a Bologna dopo ferragosto.
Ha fatto lei il primo passo, decisa come quella sera.
Che è successo quella sera?
“Non lo so, dimmelo tu?”
Con tono sfottente: “Ci hai provato, eh? Mi hai baciata sulle labbra, eh?
Io, da finto innocente: “No no, io non ho fatto proprio nulla… ma se ci siamo solo scambiati due innocenti bacetti sulle guance!”
Innocenti bacetti… a me non sono sembrati proprio innocenti. Hai cercato le mie labbra.
“Anche tu.”
Silenzio
Anche io”.
Ora seri.
“Che significa questo?”
Non lo so. Secondo te?”
“Che fai domenica prossima? Voglio venire da te.”

Domani partirò per Brescia. A Federico ho detto che sarei andato a trovare un amico di Milano. M’ha guardato senza dire nulla. Ha capito. “Non fare cazzate, Giusè, … certe cose poi si vengono a sapere…
Ho abbassato lo sguardo, colpevole.
Non mi importa di quello che è successo qui, dell’arresto, di Andrea, né di Xavier. Sono preso, ormai, sono cotto. E’ lei l’ultimo pensiero prima di addormentarmi. E’ lei il primo pensiero al risveglio... meno male che sogno poco.
Ormai ci sentiamo almeno 10 volte al giorno. Non esco con Federico e Giammichele perché non saprei come nascondere le telefonate. Come le potrei giustificare?
Mi piace ascoltare la sua voce, immaginarla in un angolo della sua stanza, sul letto, rannicchiata, che chiacchiera con me. Non la vedo, ma sento il suo sorriso, lo immagino nei suoi occhi, nella sua voce dolce, tenera, gentile.


L'ho sentita stasera.
"Il treno partirà alle 6. Cambierò a Parma. Dovrei arrivare alle 4, del pomeriggio".
"Non vedo l'ora... Ti devo chiedere un piacere: ti ricordi di Xavier, quel mio amico che ho incontrato al mare? Ti darà un pacchetto per me. Ti dispiace?"
"No, no..."


Ora sono al bar che aspetto Xavier.

lunedì 29 agosto 2011

27 - Nuova vita - Daria

La piscina? Ho deciso di smettere con le gare. Mi piace, mi fa stare bene, ma voglio più tempo per fare altro. 
Andrea? Basta, capitolo chiuso, fine, stop. Forse non era lui in auto, ma l'occasione era propizia e non potevo lasciarmela scappare. Se ne farà una ragione. 
La scuola? Mi piace la nuova condizione. Esco con gli amici. Sono al quinto e l'anno prossimo voglio andare all'università. A Bologna. 
Senza Andrea, senza le gare, riesco ad essere sempre disponibile quando Terry o gli altri mi chiamano. Mi piace. 
Se sono a casa i miei sono più calmi. Non voglio che si preoccupino per me. La botta che hanno preso quando furono chiamati in questura l'hanno  smaltita dopo qualche mese. 
Loro sono sereni, io sono serena e questo mi va bene. Ho bisogno di tranquillità; non voglio stres e strapazzi o obblighi. 

Chatto molto. Soprattutto con gente che non conosco. In ogni chat room vesto panni diversi. Sesso, età, colore dei capelli, forme. Ho notato che non importa se sei bionda o mora, bassa o alta, se porti la quinta o la prima. Dall'altra parte c'è sempre qualcuno a cui vai bene come sei, anche perché il desiderio di tutti é sentirsi apprezzati, desiderati. Consci che l'intrigante interlocutore con cui si scambiano effusioni più o meno esplicite, che magari si dichiara alto, bruno con gli occhi verdi, universitario, giocatore di pallavolo in realtà é la tua vicina del piano di sotto. O tuo cugino, adolescente cicciottello e brufoloso. 
Che importa? 
In chat sono come Paola della canzone di Tiziano Ferro. Di notte scalpito, strillo, tuono, canto anche con duecento principi, ma l'indomani torno in me, la brava ragazza di sempre, quasi ingenua.  La noia mi trasforma nella dama del castello, protetta dall'impenetrabile corazza del mio PC, senza dover per forza essere me stessa.

domenica 28 agosto 2011

26 - Meglio così - Giammichele

Quella stronza m’ha lasciato. S’è fatta la vacanza a scrocco, s’è fatta i cazzi suoi…
Secondo lei non le dovevo dire un cazzo del fatto che ha chiamato prima il suo ex e poi me.
Andasse a cagare lei, Bergamo, Bologna, Brescia… o da dove cazzo viene
Giuseppe e Federico hanno detto: “Meglio così”.
E nessuno sa perché cazzo l’hanno arrestata…
L’avvocato non ha detto nulla.
Poi deve avere dei seri problemi quella lì… il padre e la madre non si sono fatti vivi… cazzo tua figlia viene arrestata e non ti precipiti? Mandi solo il tuo avvocato? O sapevano già come sarebbe andata a finire… magari ci sono abituati…
Poi le cazzate su quello spagnolo… secondo me quella è venuta qui solo perché c’aveva da fare.
Chissà da quando aveva programmato sto viaggio… e magari ha pensato. “Mo me lo faccio a scrocco…” e s’è messa con me.
Che me ne fotte, me la sono fatta…mo che torno a Bologna mi faccio restituire i soldi dell’abbonamento in piscina. E anche lo stereo, che quello gliel’ho prestato, è mio, mica gliel’ho regalato… s’attacca… me lo deve ridare… costa un sacco di soldi.

sabato 27 agosto 2011

25 - Bolla di pensieri - Daria

Non so dire cosa provai esattamente in quel momento, so soltanto che fu maledettamente piacevole e avrei tanto desiderato che il tempo si fosse fermato su quello sguardo così profondo, su quelle labbra silenziose eppure tanto eloquenti, sul profumo fresco della sua pelle. Un contatto breve, ma intenso, tanto da farmi vibrare i sensi, tanto da risvegliare qualcosa in me.  Tacendo, ci eravamo detti tutto...
”Naaaa…io e  miei film mentali…Sono una stupida, ecco cosa sono, una povera illusa” mi ripetevo…”Sono troppo confusa, ecco cos’è…delusioni, noia, insoddisfazione. Devo andarmene, liberarmi dal passato, altrimenti non ne uscirò fuori.”
La scelta di partire non era stata facile, ma alla fine ero riuscita a metabolizzarla, liberandomi dei turbamenti che si erano, ormai da tempo, impossessati della mia mente.  
Cos’ era, allora, quella lama che, adesso, sentivo <<affettarmi>> l’ anima, sciogliendo ogni certezza, privandomi di quella forza e determinazione raggiunte a stento… Cos’ era quel laccio stretto che sentivo cingermi la pancia, fino a togliermi l’ aria… Cos’ era che mi faceva venir voglia di… restare?

“Posso chiudere il portabagagli?” –  con un “Sì, grazie Giammichele”… tornai bruscamente alla realtà, la bolla di pensieri che mi aveva reso prigioniera finalmente scoppiò, lasciandomi libera…temporaneamente… libera di scappare da qualcosa che mi spaventava, mi disorientava…qualcosa a cui mi opponevo inutilmente.
 In realtà, stavo scappando da me stessa.
Un istante era bastato a strapparmi l’ armatura di dosso, uno sguardo era bastato a spogliarmi completamente, a svelare la mia debolezza…e il mio desiderio nascosto.
Lo guardai ancora una volta e andai via.

venerdì 26 agosto 2011

N. D. A.

Alcuni lettori mi hanno chiesto di fare un po' di chiarezza.

Daria parla sempre del suo passato, almeno fino ad oggi. Diciamo che racconta le sue infanzia e adolescenza, per giustificare gli eventi odierni.
È una tipa introversa e solitaria, va in piscina dove conosce  Andrea. Durante gli anni del liceo è spesso sola, perché la piscina le porta via tutto il tempo libero.  Si tuffa a capofitto nell'organizzazione di una festa per una sua amica, Teresa. Durante la festa le passano della droga che la fa svenire. Viene arrestata. Sfrutta questo evento per indurre il fidanzato a lasciarla.

Nel tempo presente Daria va a trovare il nuovo fidanzato, Giammichele, con cui passa circa tre settimane. Conosce e fa innamorare di se il cugino di Giammichele, Giuseppe. Viene arrestata per la seconda volta, ma non si sa bene perché. Contatta Andrea qualche ora prima prima di Giammichele, che parte da Bergamo immediatamente. Al suo arrivo, davanti alla questura, si incontra con Giammichele, Giuseppe e Federico. Ripartirà per Bergamo dopo che  Daria verrà rilasciata.
Daria, per sdebitarsi dei disagi arrecati ai tre cugini, offre a tutti una cena prima della ripartenza. Ha un breve "contatto" con Giuseppe.
Compare anche un altro personaggio, Xavier, con cui Daria ha un battibecco, uno che non ha nulla a che fare con la Daria che tutti conoscono. 

giovedì 25 agosto 2011

24 - L'ultimo (?) bacio - Giuseppe

Lasciato il ristorante, Giammichele accompagnò me e Federico a casa.
Scese anche Daria per salutarci definitivamente. L'aereo sarebbe partito l'indomani alle sei e mezza.
Federico, con un pretesto, allontanò Giammichele portandolo in casa "per prendere la valigia e non doverlo fare domattina presto". Daria ed io rimanemmo soli per cinque minuti.
All'inizio furono solo frasi di rito, di chi è un po' imbarazzato e non ha l'arditezza di osare di più.
Fu lei, dopo un interminabile vuoto di inutili frasi, a sorridermi. Allungò la mano, decisa, accarezzandomi il viso.
Io le bloccai la mano, sulla mia guancia, per dilatare all'infinito quel vibrante morbido momento.
Chiusi gli occhi e le baciai la mano. Un misto di sottomissione e devozione che ora non saprei spiegare.
Sentimmo le voci dei miei cugini che stavano per ritornare. Daria fece un passo indietro. Io le trattenni le ultime falangi per non farla andare.
Loro erano ora accanto a noi.
"Mi raccomando..."
"Mi raccomando a te!" risposi io.
Dovevamo ora darci due "bacini" sulle guance, come due normali amici che stanno per lasciarsi.
Le teste di entrambi ruotarono verso desta, così da appoggiare le due guance sinistre una contro l'altra, mentre le labbra schioccano nel vuoto due inutili baci.
Io invece non ruotai la testa affinché lo spigolo della mia bocca sfiorasse il suo. Ci riuscì e Daria se ne accorse. Lo lessi nei suoi occhi, mentre i nostri visi si spostavano lentamente sulla sinistra per l'ultimo bacio.
Questa volta non fui solo. Anche lei cercò le mie labbra. E l'addio fu ancora più triste.
Restammo in contatto per qualche attimo oltre il dovuto. Feci io il passo indietro Ci guardammo intorno. Incrociai lo sguardo teso di Federico, mentre Giammichele era distratto, intento a sistemare una valigia nel portabagagli.

mercoledì 24 agosto 2011

23 - La cena - Federico

Prima di ripartire per Brescia, Daria volle cenare con tutti noi per "ringraziarci dell'ospitalità e scusarsi di tutto". Così disse. 
Sembrò a tutti un addio anche se formalmente era un arrivederci. 
Organizzò tutto lei. S'informò via internet sul locale adatto (scelse un piccolo ristorante, molto elegante, vicino al mare), prenotò un tavolo per quattro chiedendo espressamente che si affacciasse sul mare. Scelse anche il menù, tutto a base di pesce, sebbene lei preferisse la carne. Io chiesi che il vino fosse un bianco mosso e ci portarono il mio preferito: un Prosecco di Valdobbiadene. 
La cena scivolò fuori e dentro di noi velocemente, in un'aria triste e surreale prima, serena e spensierata poi. Eravamo tutti un po' a disagio, ingessati per paura che ciò che sentivamo venisse a galla per un banale errore nella scelta delle parole: sapevamo che sarebbe stato l'ultimo giorno per Giammichele e Daria. E loro cercavano di nascondere l'immensa delusione lui ed il senso di liberazione lei. A me sembrò quasi che Daria stesse pagando una cauzione per poter uscire anche da questa galera. 
I camerieri entravano ed uscivano dal nostro tavolo velocemente, per non disturbare le nostre risate. Io e Giuseppe conoscevamo Daria da pochi giorni, eppure s'era creata tra noi quella sintonia che trasforma delle "conoscenze" superficiali in profondi affetti. Come amici d'infanzia che si ritrovano dopo tanto tempo e ricordano le vecchie scorribande fatte da ragazzi, così noi ripercorrevamo i quindici giorni passati insieme fino al momento dell'arresto.
Senza dirlo apertamente, Daria ci stava chiedendo di prenderci cura di Giammichele. Che ci guardava ridere e scherzare, partecipando poco alle nostre discussioni, già proiettato nella tristezza dell'abbandono che da lì a poche ore si sarebbe consumato. 

Dedicato a Mariangela, Francesca, Annamaria, Lorenzo e Luigi

martedì 23 agosto 2011

22 - La mia versione - Daria

Non fu la severa punizione dei miei, né il processo, né l'imbarazzo (misto all'auto compiacimento) verso i professori,  ma la tartassante insistenza di Andrea nel sapere le "ragioni di quel gesto" la più grave conseguenza di quella sera. Per settimane intere dovetti sopportare le domande ed i: "Perché?". Fui costretta ad inventare una mia versioni dei fatti, perché la verità mi sembrava così miserevole da essere poco credibile. E la nuova verità mi permetteva di cominciare il distacco da lui. Mettere il piede dentro la porta, per lasciarla poi aperta alla nuova vita che volevo cominciare, e che non prevedeva la sua presenza.
Inventai incomprensioni con mia madre, "Perché non mi hai mai detto niente?", la frustrazione in piscina, "Vedrai che migliorerai", ed infine le gradite avance di Teresa, "Quella é pericolosa, mandala a quel paese", ragioni ben più interessanti ed utili della banale solitudine che provavo dalla fanciullezza.
Utili. "Ho litigato di nuovo con mamma e stasera non mi fa uscire"; "Stasera non posso perché quella stronza di latino mi ha caricato di versioni"; e per finire, quella che più lo faceva imbestialire : "Teresa ha bisogno di un ripasso per il compito di matematica, non posso dirle di no!".
Ha sopportato, ma alla fine l'ho fiaccato. 

Ho detto di averlo visto in macchina con una... non ne sono sicura al 100%. Anche se quella poteva non essere la sua auto (dentro di me volevo che lo fosse) io mi sono sentita tradita lo stesso.
Ed ora sono libera. E felicemente sola.

lunedì 22 agosto 2011

21 - Quasi mille - Andrea

Il sapore amaro della delusione permane nel mio cervello. Perché ho fatto tanta strada? Per chi? Per la ragazzina ipercritica che ho conosciuto tanti anni fa? O per l'adolescente mai soddisfatta? No, la delusione sono io, che da tre anni non riesco a staccarmi da lei. Paternalismo. Pietà. Amore.
Sono seduto, solo, sulla sabbia in riva al mare. Davanti a me altri ragazzi distanti una decina di metri, eppure lontanissimi. Chiacchierano e ridono ad alta voce. M'infastifisce la loro serenitá. Il loro mondo estraneo.  Oltre loro lo spettacolo dei fuochi d'artificio. Daria è stata rilasciata questa mattina.  Io dovevo esserci. Solo perché lei mi vedesse. Perché sapesse che ho fatto mille chilometri per starle vcina.
Il vento soffia contro di noi i fumi dolciastri dei fuochi. La asincronia di luci e suoni mi ricorda la nostra relazione. Uno inseguiva l'altra, perché doveva essere così. Perché é la natura di ogni coppia. C'è chi ama e chi è amato, chi fugge e chi rincorre. C'è chi vuole ciò che l'altro non vuole. Proprio perché l'altro non vuole.
I fuochi sono bellissimi ma tristi. Si arrampicano sempre più in alto, sempre più grandi e colorati, per poi morire in un fumo puzzolente, uguale per tutti, che riduce tutto all'effimero. Sogni di gloria ridotti in cenere.
Domani ripartirò senza rivederti. Ti ho avuta per poco. Ti voglio per sempre.

domenica 21 agosto 2011

N. D. A.

Il prossimo 26 Agosto scriveró un breve riassunto dei fatti, per tutti quei lettori disattenti "c'hanno perduto il ben de l'intelletto".
(Scusa Dante)

20 - Prosciutto sugli occhi - Giuseppe

L'avvocato mi ha detto che Daria sarebbe potuta uscire dopo un giorno o due. Quindi era una fesseria, magari uno scambio di persona. Una omonimia. Quante volte succede?
È stata sempre con noi ed io non ho mai notato nulla di strano. Assolutamente. Una bravissima persona. Tutti si fanno una canna ogni tanto. Io no, perché non fumo. Ma gli amici miei di facoltà ... quasi tutti.
E poi mica é un reato, no? La modica quantità... per uso personale. Tutta una questione di quantità. Che poi è una fesseria. O si vieta o si ammette. Non faccio Legge, ma mi sembra una mezza fesseria. Uno modo per non prendere una decisione. Una posizione. E non scontentare nessuno. Non deludere l'elettorato.
L'avvocato non m'ha potuto dire il capo d'imputazione. M'ha detto solo che non é la prima volta. Certo, mica poteva cominciare a fumare qui! L'erba se l'é portata sicuramente da casa. Oppure quella mattina che ha detto di voler fare una passeggiata da sola, al mare. Avrà trovato qualcuno che fumava, ha chiesto di fare un tiro. E magari quello li era uno tenuto sotto controllo.  Hanno seguito Daria e poi l'avranno fermata per farla testimoniare. Sicuro.

sabato 20 agosto 2011

19 - Il blitz - Daria

La festa dei diciotto anni di Terry (avevo preso a chiamarla così) non fu un granché. Il locale era buio, le poche luci erano rese ancor più fioche dalla coltre di fumi (il plurale non è casuale) che stagnavano a mezz'aria. I compagni di classe erano pochi. Per lo più erano ragazzi che avevo intravisto nelle sere precedenti. Di 21 o 22 anni. Ero spaesata e si vedeva. In quel trambusto addormentato mi passarono una canna. Feci un tiro. Non era la prima volta, ma non ero un abituè del tiro. Ebbi subito la strana percezione di qualcosa di diverso. Un acido bruciore alle tempie. E una scossa elettrica al braccio e alla gamba destra. Poi tutti i rumori si attenuarono, ovattati da un persistente ronzio. Tutto rallentò.
Mi girai intorno per chiedere cosa mi avessero passato. Ma tutti erano o troppo vicino o troppo lontani, in una distorta percezione dello spazio che si allungava ad ogni mio passo, fino a farmi sbattere contro chi era dall'altra parte della stanza. Gridai: "Terryyyyy". Non ero la sola. Tutti in quel momento cominciarono a fare la stessa cosa ed i cento "Terryyyyy" rimbalzavano tra le pareti del cranio, denti compresi.

 Quando entrarono quelli della Polizia mi trovarono sdraiata per terra, con quella che io credevo fosse una canna ancora appiccicata alle labbra, ormai spenta. Fui portata in questura. Poi seguì tutto il resto.

venerdì 19 agosto 2011

18 - L'ex - Giammichele

Quello l'avevo già visto in piscina. Daria m'aveva detto che era un suo vecchio amico. All'inizio. Poi s'era capito che c'era qualcosa. A me mi stava sulle palle. Non m'aveva fatto niente, ma mi stava sul cazzo. Antipatia a pelle. Forse perché c'aveva due spalle enormi. Invidia? Ma chi se ne fotte! Ogni tanto gliela menavo ma lei diceva sempre che non c'era niente.
Poi me lo sono visto davanti alla questura. E mica so' coglione!
"E tu che cazzo vuoi?"
"Mi ha chiamato lei ieri pomeriggio".
"Ma chi cavolo sei?"
"Un amico? Sono il suo ex ragazzo. La conosco da quando aveva 14 anni."
Poi gli ho detto che se ne poteva andare, che non serviva a nulla.
Poi me ne sono andato io, che tanto non ci dicevano nulla perché non eravamo parenti.
"... ieri pomeriggio". A me m'aveva chiamato alle otto.

giovedì 18 agosto 2011

17 - L'uscita dal tunnel - Daria

In questa apnea, costretta a trattenere in fiato per sopravvivere, per tirare avanti fino al momento buono, che mi dicevo: "Verrà", al primo spiraglio di salvezza, la prima zattera, anche se disastrata, alla prima inaspettata cortesia, mi ci sono aggrappata con tutte le forze.


Teresa, la mia compagna di banco, che sembrava soffrisse la mia vicinanza ogni giorno di più, mi invitò alla sua festa dei 18 anni. E non solo. Mi chiese di aiutarla ad organizzare il tutto. "Si", le dissi. Con un po' di titubanza iniziale, sorpresa da quella inaspettata richiesta, ma con un tale entusiasmo poi, da saltare anche qualche lezione in piscina, e prendere un "impreparato" in matematica, mi immersi nell'organizzazione, totalmente presa da ogni minimo dettaglio, anche da quelli insignificanti.
Ogni appalto esterno, ogni compito affidato ad altri era un piccola crepa nel muro che stavo diligentemente costruendo che mi affrettavo a chiudere con un nuovo dettaglio da gestire.
Avevo una amica e questa aveva degli amici che presto sarebbero diventati i miei amici. Una nuova fantastica dimensione. Dall'eremo della piscina alla bolgia del centro sociale. E chi se ne frega del contorno, dei jeans sporchi e sdruciti, dell'assenza totale di eleganza semi snob a cui ero stata abituata in famiglia.
Mi piaceva sentirmi parte e non assolo. E Andrea era il grillo parlante.

mercoledì 17 agosto 2011

16 - La sconosciuta - Federico

Le vicende di quei giorni si svolsero improvvise e lente. Tutto era immobile e noto fintantoché un cambiamento distruggeva tutto e creava una nuova prospettiva.
Daria in vacanza dal suo fidanzato - Daria è una brava ragazza - Daria viene arrestata
Daria in galera - l'arrivo di Andrea - la consapevolezza che il suo ex non è proprio un ex.
L'arrivo dell'avvocato - la notizia dell'imputazione - il dubbio sul vero motivo della presenza di Daria in Puglia - il dubbio sui veri sentimenti di Daria per Giammichele
Daria viene liberata - la lite con Andrea - la partenza di Andrea - le scuse e le promesse - la pace con Giammichele - l'incontro con Xavier.
Xavier viene spacciato per essere spagnolo e in spagnolo parla con Daria. Ma sembra piuttosto uno slavo. O un turco.  Magro, col viso scavato da profonde rughe che gli segnano le guance. Di carnagione olivastra. Barbetta incolta. Capelli colla riga al lato, lisci brizzolati. Di 50 anni. Pare sia l'allenatore, ma Giammichele non l'aveva mai visto in piscina. I due parlottano un po'. Poi Daria si volta di scatto, gli occhi stretti ed infuriati. La faccia tesa. Abbozza un sorriso e ci dice: "Andiamo?" Xavier che scuote la testa mentre in mano stringe una busta bianca.
Nulla è come dovrebbe essere: le tre settimane di svago e relax, trasformate in un teso gioco a scacchi, dove la regina non è nè bianca nè nera e le torri ingessate dalla paura di essere vittime sacrificali, ridotte a pedoni di terz'ordine.
Chi è Daria?

martedì 16 agosto 2011

15 - Il deserto - Daria

I miei diciassette e diciotto anni sono stati il deserto della mia vita. E come accade in ogni deserto, se ti va di culo sopravvivi, ma comunque ti rimangono indelebili le cicatrici addosso.

Il deserto era la solitudine che provavo quando sentivo i miei amici organizzarsi ora per una festa, ora per studiare assieme, o semplicemente per trascorrere il venerdì sera sotto i portici, davanti al bar del papà di Mario.
Il deserto era uscire comunque, nella speranza di incontrarli, di attirare la loro attenzione e che qualcuno di loro mi invitasse a fermarmi.
Il deserto era non trovare nessuno e decidere di rifare il giro, per non dare nell'occhio, per sperare di trovare qualcuno dopo dieci minuti. O venti. O trenta.
Il deserto era rientrare a casa, annoiata e triste. Sola come sempre. Ma adesso non per scelta. Perché le amicizie vanno coltivate. Bisogna prima seminare, curare il germoglio, pulire le foglie, per poi sperare di poter raccogliere qualche frutto.
La scelta l'avevo fatta a dodici anni. Ero troppo piccola. Dovevano avvisarmi. Dovevano insistere perché io non trasformassi lo sport in mania. Perché un tuffo è solo un tuffo. E se non diventi una campionessa comunque ti sei divertita. Hai gareggiato, che già è molto più di ciò che fa il novanta percento dei ragazzi della tua età.
Io invece avevo deciso di andare in piscina quattro volte alla settimana. Quattro volte alla settimana usavo quattro ore delle ventiquattro per esercitarmi sui carpiati, sulle capovolte, ... E c'erano anche il greco, il latino, la filosofia che non mi davano tregua. E ci di mise anche Andrea, con la sua costante presenza. E il deserto avanzava intorno a me. Inesorabile consumava ciò che rimaneva della mia adolescenza.

domenica 7 agosto 2011

14 - Tra barbiere e questura - Giuseppe

Ci sono dei giorni in cui, già appena sveglio, quando ancora sei a letto, ti rendi conto che quella sarà una giornata di merda! Apri gli occhi e nella penombra della stanza cerchi di capire se sia il caso o meno di iniziare a vivere. La sveglia non ha ancora diffuso il suono, che già la mano, automaticamente, si tende verso il comodino per disattivarla. Quando hai deciso di usare lo Smartphone come sveglia, hai passato delle ore cercando di impostare una musica che riuscisse a svegliarti in maniera il meno traumatica possibile. Ma in quelle mattine ogni suono, ogni vibrazione sembra poter entrare nella testa e mandare in corto circuito le sinapsi. È forse per questo che inconsciamente ci si desta sempre prima che la sveglia suoni e ti ricordi che sta per iniziare l'ennesima mattina "così"....
Quel giorno però ebbe un inizio leggermente differente, la sensazione di vuoto liquido cominciò a pervadermi repentinamente, facendomi alzare di scatto e costringendomi a sedere sul letto. Era come se avvertissi che stesse per accadere o fosse già accaduto qualcosa che avrebbe cambiato il corso della nostra vita. Daria, che conoscevo solo da pochi giorni, una persona che mi faceva attorcigliare lo stomaco, che mi bloccava il respiro, che aveva cotto ogni millimetro del mio corpo, era stata arrestata.
Così come l'istinto animale del branco aveva anticipato, nelle sensazioni che mi avevano svegliato, l'arrivo di un bel casino, il telefono iniziò a squillare: "Giuse' scendi. Io e Giammichele stiamo giù, dobbiamo andare in Questura".
Dopo solo due minuti ero già in macchina, inconsapevole che di mattine "così" ce ne sarebbero state diverse.

sabato 6 agosto 2011

13 - Natura o convenzione? - Federico

Ho impiegato molto tempo ma, alla fine, sono riuscito a convincere Giuseppe e Giammichele a venir via dalla Questura.
Oggi fa molto caldo. Andrea è voluto rimanere fuori dalla questura, in macchina.
Quando è arrivato erano circa le 8 e mezza. Era partito da Bergamo alle 9 di sera. Aveva guidato tutta la notte grazie a tre Red Bull. La Red Bull fa veramente schifo. Ha un sapore di fragola, simile a quello delle Bigbabol. Una volta ne ho bevuta una, dopo aver preso un caffè. Siamo andati in discoteca con gli amici di facoltà (la festa delle matricole che un tempo era la festa per le matricole). Eravamo solo noi del primo anno, più qualche amico di amici... tristissima.
Comunque sia, sono rimasto sveglio e lucido fino alle 6 del giorno dopo. E anche se eravamo andati via tutti verso le 2 e mezza, lo stesso, nel letto, non riuscivo a chiudere occhio. 
Quando è arrivato ha subito visto Giammichele e gli si è avvicinato. Giuseppe ed io eravamo lontani. La cosa ci è sembrata subito strana, perchè Giammichele ha cominciato a gridare: "Che cazzo vuoi, vattene. Tornate in quella fottuta città di merda..."  e sproloqui vari, mentre l'altro (che in quel momento non sapevamo chi fosse, ma sovrastava mio fratello in altezza di almeno un palmo, ed in peso di almeno trenta chili) era inerme, con il viso stravolto,  ma temevamo potesse reagire e far volare via Giammichele con un tipto. Una volta dovetti spiegare ad un amico calabrese (di Locri) cosa fosse un "tipto". Mi sembrava strano che non ne conoscesse il significato. Io credevo che fosse un termine italiano. Poi, dopo aver ricercato sia sul vocabolario che in internet il termine "tipto", mi resi conto che era un temine dialettale. 
Giammichele era furioso, non tanto per la presenza dell'ex di Daria, ma quanto per il fatto che lei l'avesse chiamato, avesse cercato il suo aiuto e conforto. 


Ora siamo in spiaggia, in una situazione surreale. Vorremmo essere tutti e tre davanti alla Questura, ma sappiamo tutti che è inutile stare lì, perché non potevamo vederla né sapere di cosa è accusata.
Davanti a noi ci sono una cinquantina di donne, tra i dieci ed i sessanta anni, che ballano al ritmo di musiche latino americane. Sono tutte donne. Tutte. Ci chiediamo il perché, riducendo le possibili ragioni ad un paio. O è la natura umana, pulsione insita nell'essere donna, oppure è il condizionamento sociale che impone all'uomo la repulsione verso il ballo collettivo.

venerdì 5 agosto 2011

12 - La luce gialla dei lampioni - Andrea

Vorrei non avere rimorsi: dimenticarla e basta. Certo ci vorrà un po’, ma confido nel tempo.
Domani starò meglio. Se urlassi forse mi sentirei meglio. Quando finisce un amore non ci sono vinti, né vincitori. Vorrei non incontrarla più, ma ora come posso? Vorrei non ricordare più il colore dei suoi occhi, la piccola ruga quando aggrotta la fronte, le sue labbra piccole ma carnose e morbide, la sua risata così coinvolgente.
L’ho amata tanto… il primo amore!
Ma non eravamo più in sintonia. Non tolleravo più i suoi sbalzi di umore, dettati  forse dalla insicurezza (o dalla sua dipendenza?). Non lo so.
Ho pensato fosse più per curiosità che per malessere reale. Mi sbagliavo. Forse avrei potuto aiutarla. Non ho fatto abbastanza per lei. “Daria perché lo fai? Perché fumi quella roba? Ti fa male.”
Lei sempre in silenzio, occhi bassi per non incrociare i miei, annuiva ai miei rimproveri ma ostinata procedeva meccanicamente a prepararsi il suo “sballo”.
In fondo, pensavo, non le farà più male di una classica sigaretta.
E’ stata fermata dalla polizia perché aveva con se un panetto di erba.
Ho un buco allo stomaco: lì, tutta sola, rannicchiata su una sedia in una caserma dalle pareti fredde e spoglie di colori, con armadi di acciaio stracolmi di fascicoli, con appuntati che vagano da un ufficio a l’altro in cerca di qualcosa da fare. Immaginare i loro ghigni quando la osservano tutta impaurita... mi fa venire voglia di prenderli a pugni.
Ora, in macchina, sto andando da lei. Sta venendo giù pioggia. Mia madre diceva che quando piove è Maria che lava i panni di Gesù. Ora sorrido nell’immaginare la scena.
La città si sta lentamente preparando alla notte.
Vedo i lampioni che cominciano ad accendersi. Mi piace la luce gialla. Quella bianca è fredda e distante. Il giallo dà calore.
Daria, sto arrivando.

giovedì 4 agosto 2011

11 - Dal barbiere - Giuseppe

Dal barbiere non sono mai andato con piacere. E’ una necessità che ci lega al nostro essere animali. Mentre cibo e sesso si sono trasformati in arti, il taglio dei peli è rimasto ancora un processo bestiale, come il reciproco spulciarsi dei gibboni o dei gorilla. Una forma di società semplice, in cui l’aiuto reciproco semplifica l’esistenza.
La barba l’ho sempre fatta a casa, tranne il giorno del matrimonio di mio fratello. Quasi per capriccio, ma anche nella speranza di evitare la costante irritazione del collo, decisi di fare barba e capelli. Entrai e dissi: “Barba e capelli”. Credevo di attirare l’attenzione di Salvatore, il barbiere, o degli altri clienti in attesa, ma la cosa passò inosservata e feci finta di nulla.
Proprio perché non mi è mai piaciuto andare dal barbiere, io sono uno di quelli che si tagliano i capelli quasi a zero, per poi andare avanti tre o quattro mesi, con un cespuglio più o meno disordinato, finché gli insistenti solleciti di mia madre e l’insofferenza per un aspetto fisico poco ordinato non hanno la meglio e decido, nolente, di raparmi il più possibile. “Mi raccomando, corti, corti, corti, che mo ci dobbiamo vedere dopo Natale”. “Se dovessi campare da quelli come te…” la costante risposta di Salvatore.
Oggi essere sotto i ferri del mestiere non è assolutamente piacevole. Fa caldo ed è quasi sera. Salvatore ha l’ascella fetente. E dovendo avere le braccia sollevate per ridurmi il cespuglio a zero, (o quasi) la distanza che mi separa dell’aspro profumo di maschio sudato è quasi nulla. Pur respirando lentamente,  riducendo al minimo la quantità di aria da far penetrare nel naso, cercando di reperire solo quella più prossima a me,  la puzza mi entra dentro. E quando deve rifilarmi il ciuffo, standomi quindi davanti, la puzza è insopportabile. Sto in apnea, ma mica sono Maiorca o Pellizzari!
Squilla il telefono. Con un elegante movimento del bacino riesco a creare lo spazio sufficiente per estrarre il mio cell dalla tasca dei jeans. Mi viene in mente il ricordo di quella sentenza che asseriva che, poiché la donna indossava i jeans ed essendo questi difficili da sfilare, il rapporto fu consensuale e non ci fu violenza.
E’ Gaimmichele. “Cazzo, Giusè, hanno arrestato Daria”.


lunedì 1 agosto 2011

10 - Il liceo - Daria

Gli ultimi tre anni del liceo classico Giacomo Bobbio di Brescia sono anni che lasciano un’impronta indelebile nella coscienza di chiunque non sia uno smidollato o un ignavo.
Le pressioni “simil-politiche” dei gruppi di destra o di sinistra ti costringono a fare scelte che condizionano, per gli anni a venire, le tue amicizie.
Oppure, anzi più spesso, accade il contrario.
Se sei amica di uno del centro sociale ti allinei a quella corrente, sebbene tu (ma neanche l’altro) non ne sappia un granché. Nessuno aveva mai studiato Marx, Mao o ,(si fa in terzo liceo) ma eravamo tutti comunisti convinti. Oltranzisti. Perché poi? Chi lo sa!
Uno diventa comunista o fascista in funzione del compagno di banco, che a sua volta lo è diventato perché figlio di, o fidanzato di. Sono quelli gli anni in cui si forma il pensiero e la convinzione politica e si sceglie una o l’altra corrente per semplicità. Vuoi mettere che stress litigare o anche solo discutere su ogni cazzata letta in internet col tuo compagno di banco/fidanzato/migliore amica?
E’ più semplice andare d’accordo con chi ti sta vicino, piuttosto che con chi sta dall’altra parte dell’aula.
Quindi, se non sei uno smidollato o ignavo (il terzo canto dell’inferno non lo dimenticherò mai) prima o poi sei costretto a schierarti. Ma se sei intelligente non trasformi il tuo schieramento in una esclusiva forma d’appartenenza. Ragioni, ti confronti e, all’abbisogna, c’è sempre una kefiah da usare come scudo.
La mia compagna di banco, Teresa, era di sinistra perché lo era il fratello maggiore. Era il rappresentante d’istituto. Due anni più grande di noi.
Teresa s’era accorta di essere omosessuale al primo ginnasio. E non aveva mai fatto granché per nasconderlo. La sua corte era garbata, gentile, scherzosa  ma io avevo subito messo in chiaro la mia inclinazione; mai invadente. E su questa confidenza, nata dalla sua attrazione per me e dalla mia decisa e ferma chiarezza sulle sue possibilità di conquista, era nata una profonda amicizia, sincera e leale, anche quando le sue avance oltrepassavano di un soffio il limite stabilito da un accordo non scritto, ma chiaro.
La faccenda mi lusingava. Andrea era innamoratissimo di me (ed io di lui) ma sapere che avevo un certo appeal anche nell’altro sesso, era gratificante.
Teresa fu coinvolta, ed io con lei, in un blitz della polizia.
Un fardello di cui ancora oggi porto il peso e che mi costringe, periodicamente, a giustificare una fedina penale non più immacolata. Alla Rinascente non mi hanno potuto assumere. Così come in un altro paio di negozi. Ma Teresa l’ho perdonata.