venerdì 5 agosto 2011

12 - La luce gialla dei lampioni - Andrea

Vorrei non avere rimorsi: dimenticarla e basta. Certo ci vorrà un po’, ma confido nel tempo.
Domani starò meglio. Se urlassi forse mi sentirei meglio. Quando finisce un amore non ci sono vinti, né vincitori. Vorrei non incontrarla più, ma ora come posso? Vorrei non ricordare più il colore dei suoi occhi, la piccola ruga quando aggrotta la fronte, le sue labbra piccole ma carnose e morbide, la sua risata così coinvolgente.
L’ho amata tanto… il primo amore!
Ma non eravamo più in sintonia. Non tolleravo più i suoi sbalzi di umore, dettati  forse dalla insicurezza (o dalla sua dipendenza?). Non lo so.
Ho pensato fosse più per curiosità che per malessere reale. Mi sbagliavo. Forse avrei potuto aiutarla. Non ho fatto abbastanza per lei. “Daria perché lo fai? Perché fumi quella roba? Ti fa male.”
Lei sempre in silenzio, occhi bassi per non incrociare i miei, annuiva ai miei rimproveri ma ostinata procedeva meccanicamente a prepararsi il suo “sballo”.
In fondo, pensavo, non le farà più male di una classica sigaretta.
E’ stata fermata dalla polizia perché aveva con se un panetto di erba.
Ho un buco allo stomaco: lì, tutta sola, rannicchiata su una sedia in una caserma dalle pareti fredde e spoglie di colori, con armadi di acciaio stracolmi di fascicoli, con appuntati che vagano da un ufficio a l’altro in cerca di qualcosa da fare. Immaginare i loro ghigni quando la osservano tutta impaurita... mi fa venire voglia di prenderli a pugni.
Ora, in macchina, sto andando da lei. Sta venendo giù pioggia. Mia madre diceva che quando piove è Maria che lava i panni di Gesù. Ora sorrido nell’immaginare la scena.
La città si sta lentamente preparando alla notte.
Vedo i lampioni che cominciano ad accendersi. Mi piace la luce gialla. Quella bianca è fredda e distante. Il giallo dà calore.
Daria, sto arrivando.

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