giovedì 4 agosto 2011

11 - Dal barbiere - Giuseppe

Dal barbiere non sono mai andato con piacere. E’ una necessità che ci lega al nostro essere animali. Mentre cibo e sesso si sono trasformati in arti, il taglio dei peli è rimasto ancora un processo bestiale, come il reciproco spulciarsi dei gibboni o dei gorilla. Una forma di società semplice, in cui l’aiuto reciproco semplifica l’esistenza.
La barba l’ho sempre fatta a casa, tranne il giorno del matrimonio di mio fratello. Quasi per capriccio, ma anche nella speranza di evitare la costante irritazione del collo, decisi di fare barba e capelli. Entrai e dissi: “Barba e capelli”. Credevo di attirare l’attenzione di Salvatore, il barbiere, o degli altri clienti in attesa, ma la cosa passò inosservata e feci finta di nulla.
Proprio perché non mi è mai piaciuto andare dal barbiere, io sono uno di quelli che si tagliano i capelli quasi a zero, per poi andare avanti tre o quattro mesi, con un cespuglio più o meno disordinato, finché gli insistenti solleciti di mia madre e l’insofferenza per un aspetto fisico poco ordinato non hanno la meglio e decido, nolente, di raparmi il più possibile. “Mi raccomando, corti, corti, corti, che mo ci dobbiamo vedere dopo Natale”. “Se dovessi campare da quelli come te…” la costante risposta di Salvatore.
Oggi essere sotto i ferri del mestiere non è assolutamente piacevole. Fa caldo ed è quasi sera. Salvatore ha l’ascella fetente. E dovendo avere le braccia sollevate per ridurmi il cespuglio a zero, (o quasi) la distanza che mi separa dell’aspro profumo di maschio sudato è quasi nulla. Pur respirando lentamente,  riducendo al minimo la quantità di aria da far penetrare nel naso, cercando di reperire solo quella più prossima a me,  la puzza mi entra dentro. E quando deve rifilarmi il ciuffo, standomi quindi davanti, la puzza è insopportabile. Sto in apnea, ma mica sono Maiorca o Pellizzari!
Squilla il telefono. Con un elegante movimento del bacino riesco a creare lo spazio sufficiente per estrarre il mio cell dalla tasca dei jeans. Mi viene in mente il ricordo di quella sentenza che asseriva che, poiché la donna indossava i jeans ed essendo questi difficili da sfilare, il rapporto fu consensuale e non ci fu violenza.
E’ Gaimmichele. “Cazzo, Giusè, hanno arrestato Daria”.


3 commenti:

  1. Caro scrittore, mi rendo conto di essere antipatica, ma non poso farci nulla:pellizzari é con due zeta! La storia comunque si fa sempre più interessante!

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  2. Dimenticavo, mi sembra di sentire la puzza del barbiere.....bravo.

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  3. Grazie Eu. Meno male che mi aiuti tu...

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