lunedì 24 ottobre 2011

66 - Dietro il vetro - Federico

Sono davanti a me, oltre il vetro del ristorante. Non possono vedermi perché sono al buio, ma loro sono lì. Ridono, bevono del vino rosso e ridono. Si direbbero amici per come ridono. Ridono.
Ed io qui fuori a guardarli mentre ridono. Morbosamente non riesco a distogliere lo sguardo. Voglio farmi male? 
No, voglio vedere una carezza, un gesto inequivocabile che non sono semplici amici. Non basta ciò che ho letto? Non basta la bugia che mi ha raccontato? 
Non ci sono colleghi in giro. Sono tutti malati? Sono solo loro due, al centro della sala  al centro del loro falso mondo. Voglio vedere un contatto. Voglio assistere ad una tenerezza, per stare male e giustificare ogni cosa. Per innescare il processo che porterà alla fine.Ecco il gesto: si danno la mano come due fidanzati. Incrociano le dita come due innamorati.
Mi avvicino al vetro. Ora possono vedermi. I due del tavolo vicino alla finestra mi guardano e si guardano. E guardano ora dove guardo io, un paio di tavoli oltre. Hanno ancora le dita incrociate e quella sorride, serena. Voltati! Guardami! Ora!
Si é girata, mi ha visto: le mani ancora intrecciate. Mi guarda immobile. Ora anche lui mi guarda e ritira la mano. Lei non l'ha fatto. Lui si. Lei ha voluto dirmelo. Lui ha avuto paura. Si è alzata in piedi. Tutti guardano verso di noi: io fuori, lei dentro. Fa un passo verso di me...
Mi giro e torno a casa. Da Tommaso e Luca. Aspetterò in silenzio, seduto al tavolo in cucina. Al buio. Non dirà nulla, non chiederà scusa ne perdono. Domani sarà l'ultimo giorno.



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