sabato 15 ottobre 2011

60 - Diverse impressioni - Federico

Avevamo tutti delle aspettative diverse: la festa le ha soddisfatte tutte. Come in un disegno di Escher, ognuno di noi ha visto quello che era predisposto a vedere.
Io ero arrivato in discoteca incuriosito. Volevo vedere se l'ambiente che avevo lasciato tanti anni prima era cambiato, se gli amici di Giammichele fossero ancora dei ragazzi sballati o se si fossero evoluti in adulti eccentrici. Fui sorpreso invece dall'età media, che non era cambiata: Giammichele continuava ad avere come amici dei ragazzi poco più che ventenni, forse un po' meno strambi di un tempo, ma sicuramente non ordinari.
Delle sue vecchie conoscenze non c'era traccia. Era rimasto solo lui, "grande saggio" circondato da una morra di ragazzini.
La festa fu "adeguata": movimentata abbastanza ma senza eccessi. Andava bene sia per gli abituè della discoteca, sia per le zie, un po' stordite dalla musica ad alto volume, ma divertite da questa inusuale esperienza.
Giuseppe rimase seduto su un divanetto per tutto il tempo. Aveva sempre in mano un bicchiere di una qualche bevanda, forse la stessa fin dal primo momento. Guardava gli altri che si divertivano e si sentiva estraneo. Forse il suo obiettivo era quello di riaccostarsi a Giammichele, ma fu gelato dal suo approccio freddo e distaccato. Non ci provò più. Rimase in disparte per non essere d'impiccio, per non importunare nessuno, come se la sua presenza lì fosse solo un atto dovuto e non un piacere. Il suo imbarazzo era evidente e neanche io riuscii a smuoverlo dal suo torpore. Mi dispiaceva per lui, ma dovevo tenere sotto controllo i due bambini che, giustamente, esploravano quel nuovo mondo alla ricerca di qualcosa di elettrizzante.
Giammichele aveva il ruolo del padrone di casa. Lavorava in quel locale da tanti anni e quella era la sua festa. Si spostava da un punto all'altro senza sosta, soffermandosi a chiacchierare con tutti, lasciando gli interlocutori con sempre la stessa frase: "Scusa un minutino..." per poi fermarsi con un altro gruppetto da cui si accomiatava per un altro minutino ancora. E di minutino in minutino vagava senza sosta e senza trovare un minutino per Giuseppe. Anzi, passandogli spesso davanti, forse per farlo sentire sempre più alieno dalla sua vita.
Daria si tuffò nella mischia, si scatenò come forse non avevo mai vista. Nella sua danza vedevo la voglia rabbiosa di chi non vuol arrendersi. Un cancro non scompare mai del tutto. Ci aspettavamo entrambi, ma senza averlo mai detto ad alta voce, che prima o poi quel marker si sarebbe ripresentato in tutta la sua odiosa evidenza. E fino a quel momento Daria voleva cogliere tutto ciò che la vita e la sua ancora giovane età potesse darle.
Gli altri invitati avevano creato un cerchio per vedere Daria sfrenarsi nel suo ballo liberatorio: era il fuoco di tutti gli sguardi. Ne ero contento e la lasciai libera di non preoccuparsi di nulla, libera di raccogliere tutte le emozioni di quella serata.

















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