giovedì 21 luglio 2011

2 - A prima vista - Giuseppe

Quando vidi scendere Daria dall'autobus che la portava da Roma pensai tra me e me che non era un granché. Non ne fui affascinato. Era vestita con jeans e polo, più o meno come me.
Solo la sera, quando uscimmo insieme a Federico, notai che il viso era molto grazioso, delicato, messo in evidenza dai capelli legati dietro la nuca. Le labbra rosse e belle. Mi ricordavano quelle di Liv Tyler (una sua foto è lo sfondo del desktop del mio PC ed ogni volta che la guardo mi si blocca il fiato. Quasi.)

E soprattutto notai le bocce. Grandi (non grandissime). Forse una terza o una quarta. Spiccavano sul corpo magro e muscoloso. Erano messe in evidenza dal vestitino fiorato, legato intorno al collo. Le fasciava il corpo, mettendo in evidenza la vita stretta ed il seno profondo. Luigi, il mio amico di sempre, l’avrebbe definita: “un piccionazzo”. Ma non era così.
Aveva la mia stessa età (23 anni) e faceva la tuffatrice. Come si fa a scegliere uno sport così (come anche il lancio del giavellotto o il triathlon) è sempre stato un mistero. Almeno fino a stasera. Sdraiati sulla sabbia umida di Lido Azzurro mi ha descritto l’emozione che provò qualche anno prima, guardando il tuffo di una atleta cinese ai mondiali di Stoccolma. Una certa Yuang Lia So (non so come si scriva).
Mentre gli altri facevano il bagno al buio (ho sempre avuto un po’ di paura a tuffarmi in mare di sera, quando il mare è nero) io e Daria chiacchieravamo come due vecchi amici, anche se ci conoscevamo solo da poche ore. Tutto merito (o colpa) dei ferormoni. Come tanti piccoli infaticabili operai, lavoravano ininterrottamente a demolire le nostre vite precedenti per costruirne una nuova. Così cominciarono i guai.

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