venerdì 29 luglio 2011

9 - 10 giorni - Giuseppe

Sono trascorsi dieci giorni da quando Daria è scesa dall’autobus della Marozzi. Dieci giorni da quella breve interminabile chiacchierata sulla spiaggia di Lido Azzurro. Dieci giorni in cui la mia attrazione per lei, per la sua bocca, per il suo corpo, si fa sempre più grande.
Dieci giorni che ci incontriamo, che usciamo insieme. Ma lei è sempre la ragazza di Giammichele, che è pur sempre mio cugino.
Non so come, ma ha assorbito tutta la mia attenzione, tutto il mio tempo, ogni mio pensiero. Mi affaccio al balcone di casa, quello della camera dei miei, da cui si scorge in lontananza il terrazzo di Giammichele, sperando di vederla. Ascolto una musica per radio e vorrei fargliela sentire. Vedo una motocicletta, e vorrei guidarla con lei abbracciata dietro, che mi stringe forte. Ho male al collo, e vorrei un suo massaggio. Ma il collo non mi fa male. Vorrei che mi facesse male, per sentire le sue mani su di me.
Le sue mani non sono belle. Sono dure, nodose, ruvide. Forse a causa della prolungata permanenza in acqua, o del cloro. Ora con una scusa, “Hai le mani grandissime”, ora per un’altra, “Bello lo smalto”, le prendo tra le mie. Profumano. Usa un olio, che le ha regalato la zia di Bergamo, che profuma di agrumi. Olio degli Esseni si chiama. L’ho cercato in internet. Stavo comprandolo anch’io per regalarglielo. Ma perché dovrei farlo?
Abbiamo preso un caffè insieme, ieri. C’erano anche Giammichele e Federico. Abbiamo diviso un cornetto, crema e amarena, a metà. La crema era quasi tutta dal mio lato. Ho insistito perché ci scambiassimo i pezzi. Io sono goloso: perché l’ho fatto?
Perché ti amo. E mi sento in colpa.

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