lunedì 25 luglio 2011

5 - La piscina - Daria

Dopo innumerevoli richieste e assillanti pressioni, convinsi mio padre ad iscrivermi in piscina. Sebbene abitassi in un paesino della bassa bresciana e fossi più vicina a Brescia che a Bergamo, papà decise che, se la cosa doveva essere fatta, doveva essere fatta per bene. Un suo carissimo amico, che sentiva si e no per gli auguri di Natale e Capodanno, e che era stato un nazionale di nuoto, gli consigliò "senz'ombra di dubbio" la struttura bergamasca da dove, a suo dire, erano stati sfornati numerosi campioni, oltre lui, ovviamente. 
La delusione che provai quando scoprii che per diventare una tuffatrice avrei dovuto fare come minimo due anni di corso di nuoto agonistico (i classici stili: delfino, dorso, rana e libero) fu immensa. Ma mi bastò chiudere gli occhi e ricordare le evoluzioni di quell'atleta cinese, per riprendere vigore e sembrare determinata ed estremamente sicura del percorso che avevo deciso di intraprendere.

Ora, a distanza di anni, ricordo quel periodo con estremo piacere. Furono anni sereni. Riuscivo a conciliare perfettamente lo studio e lo sport. Ero felice e appagata. Non avevo amiche con cui uscire. La sera, quando scendevo dal treno che mi riportava a casa da Bergamo, con estrema lentezza passeggiavo fino a casa, curiosando nelle vetrine dei negozi che stavano per chiudere, ripassando mentalmente le lezioni per la mattina successiva, oppure ascoltando musica sul mio lettore MP3. 
Stavo bene. Stavo veramente bene. Poi conobbi quel cretino, stronzo, vigliacco di Andrea. 

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